65. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

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(15-07-2008) - 2008: UNA MOSTRA MOLLEGGIATA...

Al grido “Yuppi Du”, titolo del film-evento di Celentano che verrà presentato a Venezia il prossimo 4 settembre in versione restaurata, la 65. Mostra del Cinema di Venezia si prepara all’edizione 2008 in programma dal 27 agosto al 6 settembre, muovendosi come di consueto fra eventi di prima grandezza, star internazionali e divi popolari, al ritmo rockeggiante e molleggiato di una kermesse che, allontanato lo spettro della “Festa” romana (ridimensionata ad una rassegna più nazionale e meno ambiziosa) quest’anno sembra voler fare la parte del “leone in moleca”, nella posizione privilegiata di chi sa di poter rappresentare l’unico e più antico festival della storia del cinema, dettando gli orientamenti della cinematografia contemporanea, accaparrandosi i film più ambiti sul mercato e i divi più attesi.
E non potrebbe esserci esclamazione di sorpresa più adatta di “Yuppi Du” all’annuncio del film di apertura della kermesse, che da solo sembra costituire il colpo grosso di questa 65. Mostra, “Burn after Reading” dei registi detentori dell’Oscar Joel e Ethan Coen e un cast stellare guidato da George Clooney, atteso la sera del 27 agosto per la solita “ola” di delirio e fan, e composto da Brad Pitt, Tilda Swinton, Frances McDormand e John Malkovich, protagonisti di una dark comedy dai risvolti spionistici, degna della migliore produzione coeniana.
Ma la 65. Mostra non sarà solo red carpet e star internazionali. Come già nel 2004 e nel 2007, con le rassegne dedicate ai B-movies e al western all’italiana, la kermesse diretta per il quarto anno da Marco Muller anche quest’anno dimostra di voler mantenere e consolidare il legame con la tradizione italiana del nostro cinema, soprattutto quello più popolare, che incontra non solo il gusto dei critici ma anche l’affetto del pubblico di molte generazioni.
“Yuppi Du” infatti è anche il più importante contributo cinematografico di un cantautore, attore, regista, e del personaggio televisivo nazional popolare più amato dagli italiani. Capace di mettere d’accordo perfino i cinefili più conservatori e sospettosi, che hanno riconosciuto (tardivamente) in “Yuppi Du” scritto, interpretato e prodotto da Adriano Celentano nel 1974, con protagonisti Claudia Mori e Charlotte Rampling, un film visionario e innovativo, in grado di proporre l’immagine di una Venezia contemporanea, colta attraverso uno sguardo ironico e acuto, intrisa di tematiche mai così attuali che anticipavano inquietudini moderne e questioni delicate quali l‘inquinamento ambientale e le morti sul lavoro.
Un film particolare, spiazzante, quasi un musical, intriso di riferimenti cinematografici che vanno da Minnelli a Jodorowski e che concentra nelle sue sequenze il percorso artistico di un personaggio che si è sempre contraddistinto per una forte coerenza tematica. Attraverso la musica, la televisione e la settima arte, Celentano ha saputo esprimere valori quali la semplicità di una vita umile e legata al mondo contadino unita ad una spiritualità proposta in modo così deciso da diventare spesso una rivoluzionaria provocazione.
La 65. Mostra rappresenta quindi una sorta di redenzione “cinematografica” per il Ragazzo della via Gluck cui spetterà l’onore di consegnare, nella stessa giornata del 4 settembre (nella Sala Grande del Palazzo del Cinema), il Leone d’Oro alla Carriera al maestro Ermanno Olmi, regista che ha saputo sublimare con la sua carriera indipendente e personalissima, una poetica della semplicità e un’ossidabile fede nell’uomo, intrise di forte lirismo. Ermanno Olmi torna a Venezia dove ha vinto il Leone d’Argento con “Lunga vita alla signora” (1987) e il Leone d’Oro con “La leggenda del santo bevitore” (1988) e dopo aver presentato film come “Il posto” (premio della critica nel 1961), capolavoro cinematografico, caro anche a Terrence Malick, capace di anticipare problematiche legate alla società moderna vittima di irreversibili mutamenti e al mondo del lavoro di cui Olmi è stato testimone sempre discreto e spiazzante al tempo stesso.
Un incontro, quello tra il molleggiato e un poeta della settima arte che non potrebbe sembrare più bizzarro, se non fosse “chiaro ormai che i destini degli uomini hanno nel tempo della loro vita appuntamenti non del tutto casuali”. Parola di Ermanno Olmi. Che nel 1959, all’epoca del suo primo film dietro la macchina da presa trovò in “King of Rock” la canzone di un “ragazzino scatenato, simpatico ribelle che cantava all’americana” il brano più adatto ad accompagnare le immagini di “Il tempo si è fermato”, lungometraggio d’esordio del regista che verrà proiettato alla 65. Mostra assieme a due documentari industriali di Olmi (“Manon Finestra 2” del 1956 e “Tre fili fino a Milano” del 1958), a suggello di un connubio intenso, fra due uomini liberi, votati all’umanità più autentica che in modo diverso hanno saputo esprimere la stessa autentica semplicità, spesso dolente e silenziosa, raccolta nella propria umile e intima esistenza.

(15/07/2008)

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