Foto © Ottavia Da Re IL PREMIO TOTI DAL MONTE SIMPATIA INCORONA KIM ROSSI STUART E GIANCARLO MARINELLI

In esclusiva per Quelliche...ilcinema la cronaca della serata, le interviste, le foto più belle

E' stato consegnato il 19 marzo nell'illustre cornice della Locanda "Da Lino" a Solighetto (TV), il Premio "Toti Dal Monte Simpatia" giunto alla XXVII. edizione, che ha visto premiati Kim Rossi Stuart e lo scrittore Giancarlo Marinelli.
Una cerimonia raffinata e suggestiva, che si è svolta in un vero e proprio salotto culturale ricreato ad hoc nella sala premiazioni del rinomato ristorante, già testimone di numerosi simposi e di incontri con le più grandi personalità del mondo culturale italiano, tra cui Fellini e Giulietta Masina, Hugo Pratt, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi,e la stessa Toti Dal Monte ricordati dalle istantanee in bianco e nero con il patron Lino Toffolin.
Evidentemente lusingati e felici di poter essere accolti fra le stesse pareti che hanno visto sfilare tanti artisti, i due protagonisti si sono cimentati in un dialogo con il pubblico, deliziato dall'ars retorica del giovane Giancarlo Marinelli, finalista al Premio Campiello con il romanzo "Ti lascio il meglio di me" (Ed. Bompiani) ed emozionato dalla timida riservatezza dell'attore romano, che andando al di là dei virtuosismi letterari e delle citazioni culturali che hanno animato la serata, ha saputo trasmettere comunque la forza della passione che anima il suo lavoro di interprete e regista, e soprattutto la sobria e intima determinazione che gli hanno permesso di calcare il palcoscenico e di imbracciare la mdp.
A dialogare con gli ospiti il Professor Ruggero Eugeni dell'Università Cattolica di Milano, che ha ricreato una simpatica e complice "singolar tenzone" tra i giovani, affascinanti premiati.
Assente il Sindaco di Roma Walter Veltroni, invitato in qualità di autore di Il disco del mondo - vita breve di Luca Flores, romanzo da cui è tratto l'ultimo film interpretato da Kim Rossi Stuart, che ha manifestato la sua ammirazione per gli artisti premiati e in particolare per l'attore che incarnerà Luca Flores sul grande schermo nel film diretto da Riccardo Milani di cui sono appena terminate le riprese: "Kim è uno dei giovani talenti che ci rassicura sulla qualità del presente del futuro del nostro cinema", ha dichiarato in una lettera scritta per l'occasione e fatta pervenire a Gigi Bevilacqua, capo ufficio stampa del Premio.

Kim Rossi Stuart e Giancarlo Marinelli. Due personaggi molto diversi tra loro (non potrebbero esserlo di più) "ma che hanno molte cose in comune", ha sottolineato Gloria Satta, caporedattore del Messaggero che ha introdotto la serata. "Sono soprattutto belli, dobbiamo dirlo subito Sono giovani, entrambi under 40 e con due carriere molto importanti, accomunate dalla stessa versatilità".
In primis Giancarlo Marinelli, trentatreenne scrittore, ma con già alle spalle numerose esperienze, come editorialista, regista teatrale e cinematografico, docente di teatro, e drammaturgo, due volte finalista al Premio Campiello (nel 2002 con Dopo l'amore, nel 2006 con Ti lascio il meglio di me). Una carriera teatrale anche quella conquistata da Kim Rossi Stuart che fin da piccolo si è diviso tra palcoscenico e televisione, preferendo il primo al facile successo della seconda, diventando interprete di grandi classici e ritrovando grazie anche al teatro una propria identità e una maturità che gli hanno permesso di confermarsi attore cinematografico di prima grandezza e di potersi cimentare alla regia con il suo primo lungometraggio "Anche libero va bene", presentato all'ultimo Festival di Cannes.
Due artisti che si contraddistinguono anche per il loro coraggio. "Ognuno nel proprio ambito non ha mai rinunciato a dire quello che pensava. Ad esprimerlo sia con il lavoro che con le parole e questo è un merito grandissimo", ha concluso la Satta inquadrando subito le due personalità.
Più abile Giancarlo Marinelli con le parole, concreto Kim Rossi Stuart che, più contenuto nelle risposte, fa parlare "solo" la sua esperienza lasciandosi scoprire fra le pieghe dei suoi silenzi e di espressioni misurate ma sempre autentiche.
Due artisti che rivelano, nella loro produzione, una serie di inquietudini, la zona d'ombra di una generazione. Come ha sottolineato il Prof. Eugeni, sia nel romanzo di Marinelli, sia nel film diretto da Rossi Stuart, così come nel film di Riccardo Milani, tratto dal libro di Veltroni, da lui interpretato, è forte il rapporto "padri e figli", tematica che sembra risalire all'omonimo romanzo di Turgenev. Un rapporto spesso problematico che pone delle questioni importanti.
Come descrive bene Giancarlo Marinelli attraverso il suo romanzo: "nel mio libro ho sempre rimarcato il rapporto tra padri e figli ma vorrei porre l'attenzione sul rapporto tra un padre e la sua bambina. In un momento come questo, vivere la propria identità maschile, ancor prima di quella paterna è davvero difficile. Ci sono dati agghiaccianti che vedono gli uomini responsabili della maggior parte dei crimini perpetrati ai danni di bambini. Raccontare una storia d'amore purissima fra un padre e la sua bambina mi sembrava in qualche modo di poter reagire, andare in controtendenza e, perché no, anche in senso quasi politico, cercando di restituire dignità a un padre, mi sembrava un modo di raccontare una realtà diversa in un momento storico difficile come quello attuale. E la storia di questa bambina che vede nel padre la "cattedrale" della sua bellezza, della sua ragione, del suo "modus" di esistere, sembrava la più grande storia d'amore che si potesse raccontare".
Più defilato ma altrettanto sensibile alla tematica Kim Rossi Stuart: "non sono padre, non so cosa significhi esserlo, tantomeno nell'approccio a questa regia mi sono posto in primis delle questioni sociologiche. Tendo ad affrontare il mio lavoro cercando di guardarmi dentro e di capire cosa è più urgente per me. Con Anche libero va bene ho scoperto che era urgente per me andare a raccontare della formazione di un'identità, di quel momento fra 12-13 anni in cui iniziamo ad essere un po' autonomi, cominciando quel lungo cammino per liberarci da quelle ferite che ci segnano durante l'infanzia. Il rapporto con i genitori ne è una diretta conseguenza. Ma penso che in un modo o in un altro finiamo spesso per parlare delle dinamiche famigliari del nostro rapporto con la figura materna o paterna, raccontando la presenza o meno di un genitore. Nella storia che ho co-sceneggiato con Federico Starnone, Francesco Giammusso e Linda Ferri, c'è un padre estremamente presente, eccessivamente presente, soffocante per certi versi e una madre assente, sarebbe anche potuto essere l'inverso, forse sarebbe stato un po' meno originale".

Un altro aspetto che caratterizza e unisce il loro lavoro, come ha sottolineato il prof. Eugeni, è la capacità di porre attraverso le loro opere un quesito: "fino a che punto un artista deve mettere in gioco se stesso, le proprie esperienze più intime. Nel caso di Flores, questo mettersi in gioco è stato estremo. Nella sua vita la follia e il genio coincidevano. Lavorando all'interno dei meccanismi dell'industria culturale, fino a che punto è possibile e giusto che l'arte determini sofferenza, faccia male più di quanto si possa pensare andando al cinema o leggendo un libro?".
Una domanda colta la volo da Giancarlo Marinelli che ne approfitta per dare rivendicare il diritto ad un passione totalizzante, spesso estrema: "mi è molto cara una frase di S.Agostino che diceva "chi si perde dentro una passione perde sicuramente meno di chi perde la passione". Io ho sempre pensato che fare questo lavoro significhi andare dentro la propria passione, quella di raccontare storie (...). Non è sempre una strada facile, passa per il dolore, per la sofferenza. Dentro al parola passione di schiude un universo fatto di bellezza, di sangue, di corpo di anima, di sublimazione di tutto questo. Penso che scrivere un libro, girare un film o una commedia teatrale sia "passione". Penso a Goldoni, di cui sto per dirigere una commedia per la Biennale di Venezia, tratta da "La sposa persiana" con due interpreti straordinari come Mariano Rigillo e Debora Caprioglio. Mi accorgo sempre più leggendolo, lui che passa per essere un autore così leggero, evasivo, votato al disimpegno, che invece possedeva un senso della passione, della parola e della violenza, una violenza sotterranea, mai ostentata, mai pornografica, come pochi altri autori, semplicemente perché amava le parole che scriveva. Un regista che ama le immagini che fa, o uno scrittore che ama le parole che produce, anche quando produce delle parole/immagini molto dure, trasmette passione. Gesù Cristo ci ha insegnato che si può vedere la morte non come una porta che si chiude ma come una porta che si apre, che anche la passione, quella fatta di sangue, fatta della sofferenza del corpo, può ridare la vita a chi non ha neppure la dignità per consumarla".
"Ho poco da dire a questo punto - ha sorriso imbarazzato Kim Rossi Stuart, suscitando la complicità del pubblico - di fronte a questa capacità di argomentare, teorizzare e parlare! Voi siete consapevoli di aver assegnato questo Premio Simpatia al più grande orso d'Italia?
Detto questo, penso che quando si ha voglia, necessità di esprimersi artisticamente di raccontare qualcosa, immancabilmente l'essere umano ha bisogno di rielaborare della fratture intime, personali anche situazioni dolorose, non necessariamente attraverso un linguaggio tragico o drammatico. Lo si può fare anche attraverso la commedia, cosa che io spero di esplorare in futuro più profondamente".
Alla domanda se sta pensando di dedicarsi ad un registro comico Kim Rossi Stuart ha ribadito "Non sto preparando una commedia ma devo ammettere che il desiderio c'è. Nella mia carriera ho affrontato molti personaggi, e ci sono state piccole parentesi come il Lucignolo di Pinocchio, di Benigni, o il film che ho fatto con Umberto Marino (Cuore cattivo ndr) che aveva dei toni da commedia che in qualche modo mi hanno spinto al desiderio di approfondire questo linguaggio".

Visto il contesto, era inevitabile chiedere ai due artisti qual è il loro rapporto con il mondo della cultura, della letteratura, delle scuole di scrittura, dei premi letterari, per capire se queste realtà possono costituire un riferimento per la loro carriera o se lo è solo il pubblico.
Critico Giancarlo Marinelli, che non ha lesinato giudizi e accuse al mondo culturale: "L'Italia ha un difetto molto grande. E' un paese che nella buona e nella cattiva sorte rimane "salottiero". Noi abbiamo questa straordinaria capacità che hanno le donne di Proust, poi citate da Berto che diceva che anche il più grande dolore di una donna passa quando indossa un abito nuovo. Ho la sensazione che la cultura in Italia sia un po' come quel vestito, sia usata per dimeticare il dolore, abbia questo carattere evasivo. I grandi successi di questo paese, sono film come Natale a Miami, o spettacoli come la storia di Pretty Woman con Manuela Arcuri, qualcosa che non va c'è. E quello che non va è questa caratteristica che purtroppo hanno molti italiani, di pensare che la cultura sia qualcosa di assolutamente noioso, incredibilmente pesante, di un fardello che impedisce di respirare. Invece la cultura si fonda sulla libertà di immaginazione, è estro, creatività. Invece noi abbiamo fatto passare il vezzo che la cultura è qualcosa di etichettato, che non va bene. Nei salotti bisogna portare i testi di psicologia, i saggi di religione, new age, testi con terminologie complicate e assurde, a volte. Così abbiamo fatto passare anche l'idea che il cinema o è Michelangelo Antonioni o i Vanzina, che il teatro è Grotowski o Pretty Woman con la Arcuri. E si dimentica che l'arte è fatta per chi la vede e chi la fa ha lo stesso atteggiamento di chi fa una preghiera davanti a Dio, e la fa nei confronti del pubblico chiedendo di essere ascoltato, e talvolta è pure esaudito...".
"Mi associo, perché Marinelli ha dato parola a sentimenti che condivido in pieno" - ha aggiunto solidale Kim Rossi Stuart - a cui il Prof. Eugeni ha chiesto un parere sulla nuova generazione di autori nel cinema italiano che sta crescendo in Italia in questo momento: "Ho la sensazione che negli ultimi sei - sette anni si sia riusciti a realizzare un numero maggiore di film interessanti dopo un vuoto creativo e soprattutto produttivo molto grande. Mi sembra che ci sia una certa ricerca, con autori più o meno giovani che hanno voglia di sperimentare, facendo anche i loro errori, creando un certo fermento. Io però vivo questo mondo partendo dalla mia realtà, dalle mie esigenze, guardandomi intorno non così tanto. Non dovrei dirlo, ma non sono nemmeno un grandissimo fruitore di cinema...vado a vedere un film quando so che mi può in qualche modo corrispondere". Mentre gli autori che costituiscono i riferimenti più importanti per la propria carriera diventano esempi da mettere in pratica cercando di esprimersi anche in nuovi ruoli...
"Se penso a quelli che non ho conosciuto, dico Giuseppe Berto (Anonimo veneziano, La cosa buffa ndr) - risponde Giancarlo Marinelli - per me uno dei più grandi autori europei, il più grande scrittore italiano del XIX secolo. Ho avuto una formazione veneta, tra l'altro, ho avuto un grande maestro come Gian Antonio Cibotto, che ha scritto illustri pagine su questa terra, ho avuto come maestro anche il direttore della Biennale di quest'anno Maurizio Scaparro, regista straordinario. Però devo dire la verità. I miei più grandi maestri sono stati i miei amici. Uno su tutti che è diventato un'ombra gigante in questo libro".
"Io devo molto a tutti i registi con i quali ho lavorato. - ha dichiarato Kim Rossi Stuart -Gli ultimi, Benigni, Amelio, Placido, sono stati quelli che forse mi hanno dato anche più coraggio. Li ho visti affrontare il lavoro non solo da un punto di vista tecnico. Ero anche emozionatissimo e spaventato per quello che mi apprestavo a fare con la mia prima regia di lì a poco, quindi cercavo di concetrarmi anche sull'aspetto umano ed emotivo di questi autori, tra l'altro molto diversi tra loro. Benigni mi ha insegnato ad avere un approccio molto umano nei confronti della troupe come compagni di lavoro e di viaggio fondamentali. Durante le riprese di Pinocchio aveva un atteggiamento molto democratico nel modo di relazionarsi con tutti, dal primo all'ultimo elemento della troupe. Amelio invece ha una straordinaria risorsa, quando gira un film, che è quella di dare tutto a quel film, di non dormire, di riscrivere la sceneggiatura, notte dopo notte, per quella storia, per quei personaggi, per quelle umanità. Placido è quasi l'opposto. Mi ha insegnato a relativizzare, a sdrammatizzare, a dirsi ogni tanto, quando la tensione diventa eccessiva "annàmose a magnà du bucatini all'osteria qua dietro" . Ha anche delle intuizioni, un modo viscerale di affrontare il lavoro che ho sentito come un grande insegnamento".

A due rappresentanti del mondo del cinema e del teatro viene spontaneo chiedere la differenza tra questi due mondi, e su questo punto è stato Kim Rossi Stuart ha colpire il pubblico per la chiarezza e l'incisività della sua spiegazione: "La differenza fondamentale, secondo me, è che il primo piano nel cinema lo fa il regista mentre in teatro lo crea in qualche modo l'attore. Secondo la mia esperienza è questa la differenza più grande. Poi ovviamente c'è un grande lavoro sulla parola, specialmente nel nostro teatro. Si elabora di più. Ma anche il teatro penso possa essere fatto di silenzi. Forse il teatro italiano dovrebbe rivalutare il silenzio, perché di solito carica la parola, e di conseguenza il lavoro musicale sulla parola, di una responsabilità eccessiva.
Affermazioni verissime - ha confermato Giancarlo Marinelli - e io penso di aver individuato una sorta di causa che determina questa paura del silenzio a teatro e al cinema. Perché in realtà è la nostra società ad avere il terrore del silenzio. Neppure al telefono puoi star lì ad aspettare che qualcuno ti risponda, perché c'è una musichetta elettronica che ti tartassa, nei supermercati c'è sempre una musica di sottofondo che dovrebbe dirci qualcosa ma non ci dice niente... Non dimentichiamoci che la musica è la figlia più perfetta del silenzio. Ma i silenzi ci fanno paura. Ha ragione Kim Rossi Stuart. I silenzi vengono usati poco e male. Sia dal teatro, dove dovrebbero essere la prima forma di comunicazione, che dal cinema. Ricordo Philippe Garrel, che in un'intervista diceva di essere rimasto scosso dal solo fatto che la bobina girasse, da quel ronzio della cinepresa, per dire che anche nel cinema il silenzio sembra impossibile. Per quanto riguarda il mio rapporto con cinema e teatro, io faccio un po' di tutto, cinema, letteratura e teatro, perché si sa, è sempre meglio che lavorare."

E dopo tante citazioni, aneddoti e ed emozionanti flash back di due giovani star che molti altri ricordi andranno ad incrementare e ad arricchire il loro già incredibile percorso artistico, non potevamo congedarci senza pretendere, avidi di notizie e di tanta brillante generosità culturale, qualche anticipazione sui loro prossimi lavori...
Iperattivo e vulcanico Giancarlo Marinelli: "Io sto preparando questo spettacolo teatrale che sarà in concorso alla Biennale Teatro di quest'anno, ovvero la riscrittura de La sposa persiana di Goldoni. Sto anche lavorando a questo nuovo romanzo, che non so quando vedrà la luce, che s'intitolerà "Non aver paura di avere un cuore" che avrà come protagonisti Ponzio Pilato, da una parte e Ariel Sharon dall'altra, e ho anche in dirittura d'arrivo un film, in fase di preproduzione, che s'intitolerà "Piano Man" ed è la storia di quel ragazzo che, qualche tempo fa, salì agli onori della cronaca per aver finto di essere un pianista e che forse aveva finto anche di perdere la memoria...Kim Rossi Stuart sarebbe perfetto per questa parte..."
Una proposta che viene accolta da Kim Rossi Stuart con un sorriso enigmatico: "Io vengo da un periodo che si conclude, in un certo senso, proprio adesso e che comprende le riprese e l'uscita del mio film. In mezzo c'è stato anche un incidente abbastanza grave. Avevo preso un precedente impegno con il film di Riccardo Milani che abbiamo terminato da poco, e adesso la mia priorità è quella di scrivere...sono in una fase pre-embrionale, quindi non so dire di cosa parlerà il mio prossimo film, ma so che voglio concentrarmi sulla regia che in questo momento è la mia unica priorità. Comunque se vi interessa, sto prendendo la patente nautica e mi piace molto l'idea di andare per mari con la barca a vela..."

L'espressione sognante e ironica al tempo stesso, allontanano per un attimo la timidezza di Kim Rossi Stuart che, assieme a Giancarlo Marinelli, riceve il Premio Toti Dal Monte Simpatia e la "simpatia" del pubblico, conquistato da uno scrittore virtuoso e da un "orso" d'attore dallo sguardo gentile.

Le foto più belle della serata: www.studior8.com/premio_totidalmonte - Foto Copyright © Ottavia Da Re. Tutti i diritti sono riservati.

Si ringrazia la famiglia Toffolin e il capo ufficio stampa del Premio Toti Dal Monte Simpatia Gigi Bevilacqua per la disponibilità e l'accoglienza ricevuta.

Per informazioni:
Locanda "Da Lino"
Via Brandolini, 1
Solighetto (Tv)
e-mail premiototidalmonte@libero.it

Intervista a cura di:


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