La recensione: ROSSO ISTANBUL di F. Ozpetek a cura di Ilaria Serina

“Attento! Chi guarda al passato non vede il presente” – Deniz Soysal a OrhanSahin ...

Dal 2 marzo al cinema

Eppure è proprio questo il nuovo film di Ferzan Ozpetek, uno sguardo al passato, un ritorno a casa che è al contempo un confronto col presente del suo Paese – la Turchia - e la riscoperta della propria città natale – Istanbul – che ha la familiarità degli affetti, gli echi dei ricordi e la melanconia degli amori perduti, ma mai dimenticati. Una città soggetta all’incedere di cambiamenti sociali e politici tanto rapidi quanto tumultuosi se non addirittura violenti, ravvivata dal blu del Bosforo e dal rosso del sole che vi annega dentro ogni sera. Un incessante ed assordante cantiere a cielo aperto di palazzi in costruzione che ne ridefinisce costantemente il profilo, ma capace di catapultarti in un altro secolo appena svoltato l’angolo di una strada in cui perdersi è un piacere. Questa è la Istanbul che dà il titolo al libro, prima ancora che al film, scritto dal regista turco nel 2013 e pubblicato per Strade Blu da Mondadori e che ora ha trovato una seconda vita per il grande schermo con qualche opportuno accorgimento.
La storia è quella dell’editor Orhan Sahin ( Halit Ergenc ), che dopo ben vent’anni di assenza fa ritorno nel proprio Paese natale per motivi di lavoro: aiutare Deniz Soysal ( Nejat Isler ), amico e famoso regista cinematografico, ad ultimare il suo libro. Sono entrambi originari di Istanbul, ma entrambi non hanno né modo né occasioni di viverla spesso, tanto meno per lunghi periodi. Deniz vive e lavora stabilmente in Europa, benché si sposti frequentemente per la lavorazione dei suoi film; mentre Orhan, dopo il sorprendente successo del suo primo romanzo, è fuggito dalla capitale lasciandosi alle spalle ogni cosa, compreso l’indicibile dolore di una tragedia che lo ha costretto a cessare di vivere la propria esistenza per come la conosceva, reinventandosi da capo in Inghilterra. Ciò nonostante sarà proprio Istanbul a farli rincontrare: cuore vivo e pulsante di questa storia, scenario di un thriller psicologico in cui il tempo sembra essere sospeso tra passato e presente, teatro inconsapevole dove tutti coloro che vengono chiamati in scena saranno costretti ad un prezioso confronto con sé stessi ed il rispettivo passato. Oltre alla glaciale quanto impertinente governante Sibel – interpretata dall’immancabile Serra Yilmaz – avremo modo di conoscere la bellissima restauratrice Neval ( Tuba Buyukustun ), amore ideale di pressoché ogni uomo coinvolto in questa storia e, probabilmente, l’appuntamento mancato con il destino di Orhan; mentre Yusuf ( Mehmet Gunsur ) che pare poter vivere solo tra le pagine di un manoscritto grazie alla penna di Deniz, incarna i rimpianti e la mancanza di coraggio del suo autore.
E’ lecito pensare che sia un passaggio pressoché obbligato ad un certo punto della carriera di un regista, nonché di uno scrittore, quello di volgere lo sguardo indietro tornando così alle proprie origini, per ritrovare le proprie radici e confrontarsi con ciò che si è stati, per meglio comprendere ciò che si è ora: quel che si è diventati strada facendo, specialmente se questa strada ci ha condotti tanto più lontani dal nostro punto di partenza. “Rosso Istanbul” è in tal senso la summa del cinema di Ozpetek, poiché ne racchiude uno per uno tutti quei punti cardine che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare nei suoi undici film, sin dal suo esordio avvenuto nel 1996 con “Hamam – Il bagno turco”. Dalla convivialità della tavola attorno alla quale ritroviamo gli amici di sempre; alle fondamentali ed eternamente presenti figure femminili, custodi silenti ed ispiratrici, se non promotrici attive di svolte cruciali e formazione. Dagli amanti perduti e ritrovati, ai rimpianti per un passato da chiarire e risolvere. L’amore, come componente fondamentale ed imprescindibile della vita: il file rouge che tutto lega nel tempo e nello spazio, ma al quale troppo spesso rinunciamo per stupidità o codardia. Il tempo, che a dispetto di ciò che pensiamo o immaginiamo di sapere, ha un incedere talvolta a noi imprevedibile e sconosciuto, riservandosi così la capacità di rimpastare avvenimenti, luoghi e personaggi chiave della nostra vita: un luogo astratto in cui celare abilmente i non detti che finiscono col divenire segreti sepolti in fondo ad anni passati a dissimulare.
Tutto questo però non basta a fare di “Rosso Istanbul” la conferma, se non la piacevole sorpresa che probabilmente molti di noi si aspettavano dal cineasta turco, italiano d’adozione. Forse la mancanza della giusta distanza dal soggetto narrato ha fatto si che quelle poche scene e sequenze veramente riuscite, in cui entriamo in comunione con il film, annegassero nell’incedere di un racconto stentoreo e quelli che avrebbero dovuto essere dei colpi di scena o la rivelazione più intima del mondo interiore dei protagonisti, finissero per apparirci inopportuni, se non addirittura incomprensibili al fine ultimo della storia. Alcune svolte narrative poi risultano assolutamente non necessarie, facendoci piombare in un vicolo cieco; mentre alcuni balzi in avanti ci lasciano alquanto interdetti.
Fatta eccezione per il protagonista che ci regala davvero una buona performance, il resto del cast è costretto in personaggi piuttosto bidimensionali, caratterizzati da poche e semplicistiche ovvietà, ammantati da un inconsistente ed inutile alone di mistero.
Se Orhan finirà per accettare con slancio la ricerca di una nuova comunione con il proprio passato e la propria città, per riaffacciarsi al futuro; noi come spettatori rimaniamo totalmente irrisolti e poco appagati dinnanzi al chiudersi di quest’ultima opera di Ferzan Ozpetek.

“Neval, non mi separerò mai da te. Le separazioni sono per chi ama con gli occhi, chi ama con il cuore non si separa mai” – Deniz Soysal

CURIOSITA’:

13 maggio 2016: Questa data, che viene segnata in sovraimpressione all’inizio del film, vuole sottolineare l’istantanea che Ozpetek fa della capitale: poiché Istanbul è una città in grandissimo fermento sotto ogni punto di vista ed i cambiamenti a cui è soggetta, specialmente di recente, sono rapidi quanto caotici.
Inoltre ha una profonda valenza affettiva poiché è la celebrazione dell’inizio delle riprese del suo esordio alla regia esattamente vent’anni prima con “Hamam – Il bagno turco”.

Ilaria Serina




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