La neve nel cuore

E’ Natale, così come ce l’ha sempre raccontato la grande tradizione americana, fatta di grandi ed accogliente case del New England, di imponenti tavole imbandite in stile Martha Stewart e serate passate a giocare al mimo con tutti i membri della famiglia finalmente riuniti.
Ecco quindi che i rumorosi ed espansivi figli della famiglia Stone si ritrovano nella calda e comoda casa di mamma e papà, in una cittadina universitaria a poche ore d’auto da New York, tutti presi da una curiosa eccitazione spruzzata di sagace perfidia perché il fine settimana vede la presentazione ufficiale, alla famiglia, della fidanzata del figlio maggiore, Everett, per il quale non ritengono assolutamente che sia la donna giusta. Sono sufficienti pochi secondi per intuire quanto catastrofico saranno quei tre giorni per Meredith, rampante ed elegantissima donna in carriera della Grande Mela, perfezionista sul lavoro e sul look e ossessionata dalle buone maniere e dalla politically correctness. Se sulla carta si presenta come la donna perfetta contemporanea, nulla potrebbe essere maggiormente fuori luogo nell’ostentato clima liberal e caotico in cui gravitano i suo ospiti. Le incomprensioni abbonderanno, così some la messa in atto di tutta una serie di atteggiamenti ostili per far sentire la donna tutt’altro che ben accetta, con il risultato che Meredith si rifugia in albergo poco dopo aver chiamato e chiesto alla sorella minore, Julie, di raggiungerla in qualità di sostegno morale. Ma non appena la giovane mette piede in città, le svolte e le sorprese non mancheranno, peccato però che siano tutte piuttosto prevedibili e scontate, finale compreso.
Con gran senso estetico e cura del dettaglio, il regista e sceneggiatore Thomas Bezucha, alla sua seconda pellicola, ci fornisce un gustoso ritratto familiare spingendo con intelligenza alla riflessione sulle dinamiche dei rapporti tra i componenti di una moderna famiglia unita ed estremamente autoreferenziale, quella degli Stone appunto, e all’analisi del loro relazionarsi con un individuo estraneo e desideroso di integrarsi in un gruppo ben più compatto e meno tollerante del previsto.
Su questa scia, la sceneggiatura straripa di temi trattati e ancor più di argomenti accennati: il rapporto e la gelosia tra fratelli abituati a condividere tutto, quello tra i genitori ed i figli che, seppur grandi ed indipendenti, hanno nella madre un imprescindibile punto di riferimento, quello tra i due coniugi, legati da un profondo affetto, sempre pronti ad aiutare i figli, anche nascondendo loro verità dolorose. E poi ancora troviamo spunti sulla capacità o meno di mostrarsi realmente per ciò che si è, o invece, il bisogno di ricorrere ad una maschera di perfezione, senza dimenticare temi come l’handicap, l’omosessualità, il razzismo, l’adozione, il cancro… Decisamente troppa la carne al fuoco per un film che commuove e diverte a sprazzi, sedendosi troppo spesso sui toni da commedia natalizia un po’ scontata.
Mancano idee originali e forse del mordente nei dialoghi e nella maggior parte delle sequenze l’effetto cartolina dorata stanca, inoltre si ha l’impressione che alcuni personaggi siano malsfruttati, come il fratello alternativo e un po’ sfasato Luke Wilson, se non addirittura inutili, come la sorella maggiore, forse in crisi matrimoniale, con la sua figlioletta, o peggio ancora stilizzati come il fratello gay e sordo ed il suo compagno di colore che, con l’aggiunta della sorellina minore ribelle e perfidia, fanno apparire gli Stone quasi fossero una folcloristica galleria di “tipi” più che di persone: peccato per certe involuzioni e per la scrittura superficiale dei personaggi, molte delle cui lacune, peraltro, vengono efficacemente colmate dai meriti recitativi degli ottimi interpreti.
Emergono, però, per bellezza, concretezza e verosimiglianza la signora Sybil Stone, una magnifica Diane Keaton, e la futura nuora Meredith Morton, una Sarah Jessica Parker da urlo, sulla cui relazione-scontro si regge l’intero film. La prima trasferisce al proprio personaggio l’unicità ed il magnetismo che la contraddistinguono come donna prima che come attrice, dando corpo ad una madre forte, ostinata nelle idee e nelle decisioni, per la quale non esistono argomenti od esperienze tabù e che vuol vedere i propri figli realizzati e felici. Forse eccessiva in alcune sequenze, l’ostentazione della sua anima bohemienne, anticonformista e sempre innovativa, controcorrente, in apparenza sempre pronta a parlar di qualsiasi cosa, quando in realtà il suo rifiuto di Meredith è totale e prevenuto.
Ricco, intenso e molto ben costruito è il contraltare di Sybil, Meredith appunto, che rappresenta il primo ruolo per Sarah Jessica Parker dopo la fine dell’era Carrie Bradshaw. E in effetti suona stranissimo sentirla chiamare con un nome diverso mentre appoggia le sue Manolo accanto alle pantofole sformate degli Stone o quando prepara il pasticcio di Natale in completo di seta Narciso Rodriguez…eppure Meredith non è Carrie, proprio no…è una donna tutta concentrata ad essere sempre perfetta ed ad avere tutto sotto controllo, nessun colpo di testa o parola fuori posto, persino il tono di voce è impostato affinché sia quello più giusto ed elegante che sia. Si presenta alla porta dei “futuri suoceri” tesa e nervosa come prima di un colloquio di lavoro per una grande impresa e, quando la situazione inizia a precipitare, arriva la sorella e le ruba la scena.
Ma le cose iniziano a cambiare e, attraverso un espediente abusato al cinema e un po’ debole nello specifico della vicenda, la donna comincia a sciogliersi, a respirare, a lasciarsi andare, mostrando il suo vero volto sotto l’invisible makeup newyorkese: una ragazza insicura e talmente desiderosa di essere accettata e amata dagli altri dall’essersi costruita un pignolissimo alterego chic.
Quella di Meredith non sarà l’unica maschera ad essere deposta, anzi. Al concludersi del week end natalizio, sulla scia dei numerosi colpi di scena, rilevazioni, ripensamenti, tutti i protagonisti usciranno profondamente cambiati, si scopriranno ancor più legati di quanto non fossero e con maggior chiarezza e sincerità inizieranno a rapportarsi gli uni con gli altri, con buona soddisfazione del regista, il cui merito più grande è quello di non interferire troppo con il lavoro di un cast davvero perfetto e ben amalgamato.


Marta Ravasio

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