Il gioco di Ripley

Ritorna Tom Ripley, ma in questa sua ultima performance, perde lo smalto e la cattiveria che lo avevano reso celebre nelle precedenti versioni. Liliana Cavani non teme il confronto con "L'amico americano" di Wim Wenders, (anch'esso basato sul medesimo romanzo di Patricia Highsmith da cui è tratto "Ripley's Game"), né con Anthony Minghella e il suo "Il talento di Mr. Ripley", perdendo tristemente la sfida, con un film apatico e piatto in cui l'unico elemento degno di attenzione sono le splendide scenografie (Francesco Frigerio) dell'ambientazione palladiana e l'elegante fotografia di Alfio Contini, che hanno regalato la più bella locandina della 59. Mostra del Cinema di Venezia.
Nell'ennesima "marachella" Ripley sembra la macchietta di se stesso, intento a portare sulla strada della perdizione un povero malato terminale (Dougray Scott) che rimane imbrigliato in un ricatto e subisce il fascino(?) maligno del protagonista. In realtà la famelica e luciferina cattiveria del nostro, non emerge mai, nonostante ad impersonare Ripley ci sia John Malkovich, interprete ambiguo e perverso per antonomasia. Ma la sceneggiatura latita, e il povero Ripley si perde in ghigni deformanti e battutine sarcastiche involontariamente comiche, dando allo spettatore la sensazione di trovarsi di fronte ad uno stravagante e simpatico dandy, forse un po' cinico. Un ruolo da coprotagonista che non giova certo all'altro interprete, il piagnucoloso Dougray Scott, nella parte della vittima predestinata non tanto delle trame di Ripley quanto della superficialità di un ruolo che lo condanna al martirio con buona pace dello spettatore ormai sfinito dai suoi flebili rimorsi del "buono che diventa cattivo". Inesistente Chiara Caselli, nella parte della moglie del protagonista, clavicembalista famosa quanto noiosa e inutile nella pretesa di rendere affascinante la vita coniugale della famiglia Ripley. Una delusione. Un film che prometteva di affondare nell'ambiguità e nella perversità di un personaggio ormai troppe volte rappresentato ma raramente convincente e affascinante, e che finisce per far rimpiangere il cartolinesco "Il talento di Mr. Ripley" e il suo brufoloso protagonista Matt Damon...


Ottavia Da Re

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