White Oleander (Oleandro Bianco)

"La prigione è d'accordo con me. Qui non c'è ipocrisia. Uccidi o vieni uccisa, e tutti lo sanno". A dirlo è Ingrid Magnussen (Michelle Pfeiffer), in carcere per aver ucciso il suo amante, alla figlia Astrid (Alison Lohman).
Ingrid è una donna bellissima, fiera e inflessibile ("La sua bellezza era tagliente come la lama di un coltello" ricorda sua figlia), che ha sempre esercitato un ascendente fortissimo sulla giovane Astrid. E' fermamente convinta della sua superiorità rispetto alla gente che la circonda, affronta la vita con la spietata lucidità delle proprie regole. Per la figlia è una specie di divinità.
Quando viene condannata al carcere, per Astrid ha inizio un percorso formativo durissimo. Viene affidata prima a un'ex-spogliarellista (Robin Wright Penn), poi a un'attrice in crisi (Renée Zellweger), e ancora a una cinica commerciante russa (Svetlana Efremova). A modo suo, ogni esperienza avrà un lato tragico che farà maturare la ragazza. E soprattutto le permetterà di affrancarsi dal controllo che la madre continua a esercitare su di lei dalla prigione e di comprendere la vera essenza del suo amore. E' davvero velenoso come gli oleandri bianchi che teneva in giardino?
Tratto dal romanzo Oleandro Bianco di Janet Fitch, White Oleander non vuole essere una denuncia al sistema dell'affidamento, ma uno spaccato su un difficile processo di maturazione. Accantonato ogni riferimento legale e giuridico, il regista Peter Kosminsky si focalizza sul livello psicologico della storia e sulla forza dei legami affettivi.
Asciuga l'enfasi e rifiuta l'eccesso di melodramma, smorzando i toni forti e mantenendo con rigore una funzione di narratore "invisibile" (pur trovandosi a dare giudizi su qualche personaggio di contorno).
Ma la moderazione, che pur evita il patetismo, raffredda un poco le emozioni, e se il film tocca le corde emotive è soprattutto per merito della storia che lo sostiene. Così White Oleander rischia spesso di ridursi a una quasi anonima carrellata che si affida a un finto stile realistico per impressionare e far riflettere.
A salvare e dare al film maggiore slancio e autenticità pensa soprattutto un cast quasi tutto al femminile (piatti o poco significativi i ruoli maschili).
Se le pur brave Robin Wright Penn e Renée Zellweger soffrono a causa dello spazio limitato lasciato ai loro personaggi, gioca un ruolo decisamente più significativo la giovane Alison Lohman, che assume il ruolo di protagonista della storia con risultati più che decorosi.
Ma la vera punta di diamante del film è la magnifica prova di Michelle Pfeiffer. Coraggiosa, piena di fascino, lumonosa e magnetica, la Pfeiffer dà vita alle tensioni di Ingrid Magnussen con intensità e forza, smussando gli spigoli di un ruolo così complesso ed evitandone un'eccessiva caratterizzazione, per approdare ad un equilibrio vibrante.
Così il New York Times: "La Ingrid di Michelle Pfeiffer è una presenza scenica indelebile e penetrante. La Pfeiffer, nella prova più complessa della sua carriera cinematografica, rende la sua divina seduttrice irresistibile e diabolica allo stesso tempo".


Alessandro Bizzotto

White Oleander (Oleandro Bianco)

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