007 - La morte può attendere
007 - Licenza di uccidersi
A dispetto del titolo di quest'ennesima messinscena delle peripezie dell'agente segreto creato da Ian Fleming, la morte è già arrivata da un pezzo per il povero James Bond, personaggio che continua ad essere tenuto in vita da una battuta ("Il mio nome è Bond, James Bond") che ha esaurito, come il suo protagonista, anche l'ultimo residuo di linfa vitale per un encefalogramma che appare ormai completamente piatto...
Tant'è che già nel prologo del film il nostro eroe finisce per "toppare" alla grande la sua prima missione esplosiva finendo sotto le grinfie di torturatori coreani che per 14 mesi gli fanno vedere i sorci verdi e gli scorpioni marroni mentre il pubblico si deve sorbire l'ubriacante sigla di Madonna sotto forma di allucinogena allucinazione con donnine infuocate e ghiacciate che si infuocano e si sciolgono al ritmo di "Die Another Day".
Una sequenza talmente caotica e pasticciata che ci fa dubitare delle nostre pazienti capacità mentali, quando poco dopo, inizia lo spettacolo pirotecnico che dovrebbe essere il film...
Risulta infatti davvero difficile riuscire a percepire sotto cumuli di effetti speciali una qualsiasi parvenza di trama per questo 007 - La morte può attendere, mentre l'insipido protagonista (il solito, inamidato, anche da barbone, Pierce Brosnan) mandato anticipatamente in pensione da M (Judi Dench), tenta di riprendersi il posto, combattendo, con armi sempre più assurde, improbabili nemici coreani "trasformati" in ricconi inglesi, aiutato da un americana travestita da Hursula Andress (una bella, ma inutile Halle Barry).
C'è veramente di tutto (e non è un complimento) nel minestrone preparato ad hoc dal regista Lee Tamahori: traffico di diamanti, ingegneria genetica, armi satellitari, surf acrobatico, effetto serra, irritanti cattivi mascherati da robocop (vabbe' che è carnevale…), una Madonna spadaccina e due "attoroni" per far scena (Judi Dench e la "iena"John Madden); il tutto condito con un pizzico di sesso "tromba e fuggi", contornato da un esotico Mojto cubano e sublimato da un elaborato "semifreddo" islandese.
Insomma, un roboante, caotico, nauseante, pallosissimo ammasso di banalità, scaraventato addosso ad un Pierce Brosnan praticamente invisibile come la sua povera Aston Martin, ormai lontano e logoro miraggio di un personaggio nato come simbolo di classe, fascino e ironia e ridotto ad un prestanome per una stucchevole e confusionaria dimostrazione di "tutto quello che avreste voluto vedere sugli effetti speciali ma non avete mai osato chiedere".
Al povero, agonizzante, James Bond, dopo anni di onorato servizio, di fronte ad un tale scempio non resta che una licenza, quella di uccidersi…... Ottavia Da Re
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