Il ritorno di Cagliostro

Che cos'è "Il ritorno di Cagliostro"? "Sostanzialmente un film sull'imbecillità umana.".
Così rispondono Daniele Ciprì e Franco Maresco a chi chiede loro come si possa inquadrare il loro nuovo lavoro, presentato nella sezione Controcorrente della 60° Mostra del cinema di Venezia. Film dall'indiscussa genialità e godibilissimo, Il ritorno di Cagliostro muove i primi passi a partire dal ritrovamento fittizio di una pellicola omonima risalente al dopoguerra e, grazie ad un sapiente gioco di narrazioni a tre differenti livelli, offre allo spettatore non solo la travagliata genesi del film riscoperto ma anche la storia umana e professionale delle persone che lavorarono a tale progetto e soprattutto uno spunto importante di riflessione sul cinema come arte e come business, come mezzo di narrazione o di propaganda (nel caso specifico, clericale), grazie anche agli interventi di critici come Tatti Sanguineti, Gregorio Napoli e l'immaginario Totò Lipari, interpretato da Maurizio Laudicina.
Come ormai tipico dell'inconfondibile stile dei due registi palermitani, il cast è formato in grandissima parte da attori non professionisti che, con naturalezza e comicità estreme, creano un insieme omogeneo ricco di elementi strambi e personaggi che sembrano fuoriusciti dalle deliranti tele di Bosh o dagli studi di fisiognomica di Leonardo, ai quali s'affiancano i quattro protagonisti (stavolta attori per davvero): i fratelli La Marca, interpretati da Luigi Maria Burruano e Franco Scaldati, Pietro Giordano, nel doppio ruolo del Cardinale e del regista Pino Grisanti, e l'americanissimo Robert Englung, malinconicamente ottimo nel dare vita a Errol Douglas, stella del cinema hollywoodiano irrimediabilmente in declino...
Conformemente alla loro storia cinematografica, Ciprì e Maresco curano in maniera splendida la fotografia che, fatta eccezione per i brevissimi inserti contemporanei, regala un magnifico bianco e nero che si tinge di incerte sfumature azzurrognole quando mostra gli spezzoni ritrovati del film su Cagliostro, mentre si scalda di riflessi ambrati e quasi color seppia quando ricrea il contesto polveroso della vita al di fuori del mondo del cinema, la desolata terra siciliana. Grazie anche alle accortezze tecniche fra battute dissacranti e barzellette sporche che caratterizzano il graffiante copione, si insidia però, leggero leggero, anche una "malinconica compassione" per quella Sicilia segnata dal brigantaggio e dalla povertà che, piccola e priva di mezzi, cerca con piglio deciso ed orgoglio di confrontarsi con il mercato milionario del cinema hollywoodiano. Davide contro Golia, sorrisi divertiti ma con un occhio alla disfatta imminente…
Tuttavia, nonostante la trama ed i dialoghi esilaranti, surreali, comici al limite del dissacrante, nonostante l'oscena ironia di protagonisti e comparse uomini, che, come nella tradizione greca classica, interpretano con totale noncuranza anche i limitatissimi ruoli femminili, complessivamente il film perde di mordente nella parte finale, sia a causa di qualche lungaggine di troppo, basti pensare ai preti danzanti che, come un epiteto formulare, apre ogni sequenza nella residenza del Cardinal Sucato, o all'insopportabile e vecchissima mamma di quest'ultimo, sia a causa di un finale poco convincente e slegato dall'atmosfera del film.
La creatività e l'originalità dei due registi resta comunque al di sopra di qualunque dubbio, cosi come il valore della pellicola, tra le più intelligenti ed esilaranti degli ultimi anni, che per la prima volta è arricchita da una colonna sonora creata apposta per l'occasione dal jazzista siciliano Salvatore Bonafede.
Marta Ravasio

Il ritorno di Cagliostro

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