Koda, fratello orso
Dei tre lungometraggi animati candidati quest'anno all'Oscar per il miglior film
d'animazione, Koda, fratello orso è probabilmente quello che si è trovato a soffrire di più
la concorrenza. Suoi rivali, Appuntamento a Belleville di Sylvain Chomet e Alla ricerca di
Nemo di Andrew Stanton e Lee Unkrich. Il primo, aneddotico e raffinato, ha fatto innamorare la
critica con la sua sottile vena nostalgica e profondamente cinefila. Il secondo, che alla fine
ha meritatamente vinto, è l'esplosione di un talento visionario e innovativo, una boccata d'aria
fresca nel filone del cartoon da qualche anno impantanato nelle secche di una tradizione
difficile da rinnovare.
Koda, fratello orso, invece, non ha in dote nè particolare accuratezza nè mirabili novità.
E' un prodotto fin troppo classico, sia nell'animazione che nel racconto.
Alla storia, che pur presenta una buona serie di potenzialità, fa da sfondo l'era in cui il
Nord Ovest americano era ancora popolato dai mammut. Il giovane Kenai, che ha ricevuto un
totem - simbolo guida rivelato dagli Spiriti Superiori - che rappresenta un orso, viene
trasformato dagli Spiriti nello stesso animale. Ha appena ucciso l'orso responsabile
della morte di suo fratello, e si trova ora a dover guardare il mondo da una prospettiva diversa,
fraternizzando con il piccolo Koda, un orsacchiotto chiacchierone. Insieme, i due
intreprenderanno un viaggio che porterà Kenai al monte dove le Luci toccano la Terra (luogo in
cui potrà conoscere il motivo della sua trasformazione) e Koda al celebre festival del "Raduno
del Salmone".
Il film, diretto da Aaron Blaise e Robert Walker, torna sui passi che la Disney ha fatto negli
ultimi dieci anni concentrando l'attenzione sul fascino del mondo animale in un punto ibrido fra
Bambi e Il re leone. Del primo conserva la vena malinconica più afflitta (Koda ha perso la
mamma) che già La Bella e la Bestia, Aladdin e il più recente Mulan ci avevano fatto
dimenticare. Un peccato, a dire il vero, in cui cadeva anche Alla ricerca di
Nemo; ma lì il
giovane pesce pagliaccio rimaneva orfano ancor prima di nascere (è solo un uovo quando papà
Marlin perde la compagna). Dal Re leone, invece, Koda, fratello orso eredita la tendenza
all'elogio della vita bucolica e all'ironia applicata al mondo animale (qui abbiamo alci sbadate
e arieti cocciuti).
Sebbene l'animazione lasci a desiderare in qualche momento, il film è comunque ben realizzato,
dai colori smaglianti alle belle musiche. Non mancano trovate interessanti, come la scelta di
cambio del formato per lo schermo. All'inizio,Koda, fratello orso è in standard 1.85:1; quando
Kenai viene trasformato in un orso, lo schermo si allarga al formato widescreen Cinemascope
(2.35:1) per ampliare la prospettiva dello spettatore.
Sul carro del progetto sono saliti anche Joaquin Phoenix, che presta la voce a Kenai (ben
doppiato in italiano da Stefano Crescentini) e Phil Collins, che, dopo Tarzan, torna a
comporre le canzoni (questa volta poco brillanti) per un film d'animazione; il brano "Spiriti
degli antichi eroi", nell'originale, è cantato addirittura da Tina Turner.
Eppure, nonostante l'impegno, l'intero cartoon s'inscrive nel solco delle formule meno
coraggiose con poca iniziativa. Non c'è nemmeno un cattivo, un antagonista vero, in Koda, fratello orso, dal momento che la vicenda si gioca tutta sulla trasformazione interiore (che
segue quella esteriore) di Kenai. Così, a ruota, tutte le scene che non hanno animali per
protagonisti diventano inaspettatamente lente. Il piccolo Koda è l'unica figura che susciti un
po' di vera simpatia; e anche se la risata non manca (le due alci che giocano a "Vedo vedo" e
i due arieti che litigano con il loro eco), il comico rimane al sicuro su livelli già
sperimentati. Solo un momento strappa una risata davvero genuina, e si ha dopo la fine del
del film, negli sketch che accompagnano i titoli di coda: Kenai e Koda si cimentano con la
pittura rupestre, e mentre Kenai dà maldestramente forma a una figura umana e chiede a Koda come
se la sta cavando, quello sta dipingendo un Seurat e commenta: "Non mi lamento...".
Alessandro Bizzotto
|
Vai alla scheda del film
|