L'uomo senza sonno

L'atmosfera fredda acuisce il senso di allucinazione, la fotografia di Xavi Jimenez decolora l'immagine per un effetto livido che strizza l'occhio a un bianco e nero vicino alle tinte del blu e dell'azzurro. The Machinist di Brad Anderson (per noi L'uomo senza sonno) riduce all'osso l'apporto di una sceneggiatura minimalista, scritta da Scott Kosar, perchè una sensazione di malessere trasudi dalle immagini e dalla sintassi filmica.
La strana inquietudine logora piano il protagonista Trevor Reznik (Christian Bale), operaio che passa le sue giornate fra gli opprimenti macchinari di una fabbrica e che da ormai un anno non riesce a dormire. La tensione che allontana il sonno l'ha ridotto pelle e ossa, rendendolo quasi schiavo delle piccole abitudini: lavarsi le mani con il detersivo, appuntarsi ciò che va fatto, percorrere in macchina tutta la strada che porta al cafè dell'aereoporto per parlare con la giovane madre Aitana Sánchez-Gijón, che ogni sera gli serve caffè e torta. Oltre a lei, sua unica compagnia è la prostituta (interpretata da Jennifer Jason Leigh) che ha addirittura progetti matrimoniali con lui. Sempre più isolato dopo aver involontariamente causato un incidente sul lavoro, Trevor inizia a cercare la radice della piega inquietante che segna la sua vita. Perchè é entrato in quel tunnel?
La storia è raccontata con artificiosa mezza voce e affidata per lo più alla curata recitazione del cast, in cui, accanto a Christian Bale che imita il tanto lodato trasformismo fisico molto di moda con una magrezza impressionante, sono altrettanto meritevoli Aitana Sánchez-Gijón e una bravissima Jennifer Jason Leigh. E alla narrazione é impressa una linearità che relega il mistero solo nello spazio non detto.
La tensione e il forte senso di straniamento divengono così motore principale di ciò che sta a metà strada fra il brutto sogno e l'intrigo del thriller, impulso trainante di un film che spesso eccede nel decostruirsi attraverso un processo che azzittisce e sottrae anche nei picchi d'ansia.
Nel gioco che dà forma all'incubo è stata rivista l'ispirazione di David Lynch; l'atmosfera nervosa a qualcuno ha ricordato Polanski. Ma la forza che rovescia la realtà (ce lo ricordiamo Mulholland Drive?) ne L'uomo senza sonno lascia il posto a un calligrafismo che mette in piedi i meccanismi e le loro connessioni con un ordine puntiglioso; e questo a tratti lascia l'impressione dell'esercizio di stile più che della sofisticata macchina di suspance.
C'è di buono che le variazioni sul tema non sono mai ripetitive nè prevedibili, e l'uso che Anderson fa dei topos ormai sedimentati nella memoria collettiva sociale (come il viaggio nella giostra horror di un luna park) non restano inutili perchè riutilizzati in modo tutt'altro che rozzo. Ma nonostante l'idea che ripropone un dilemma alla Lady Macbeth sia carica di promesse e non resti arida, la tesissima - e voluta - esilità della trovata attraverso cui si sfila L'uomo senza sonno non riesce a non farci desiderare maggiore consistenza.


Alessandro Bizzotto

L'uomo senza sonno

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