Un amore sotto l'albero

Melassa e spirito natalizio sparsi senza avarizia nel primo film da regista di un cattivo quasi storico del grande schermo, Chazz Palminteri. L'attore (candidato all'Oscar per Pallottole su Broadway di Woody Allen) ha optato per il buonismo delle festività in occasione del suo passaggio dietro la mdp.
In una New York (a sua volta interpretata da Montral, dove il film è stato girato) invasa da luci e musica si incrociano il giorno della vigilia di Natale le vite di anime più o meno sole. C'è Rose (Susan Sarandon), curatrice editoriale di successo che dopo il divorzio soffre di solitudine, costretta ad occuparsi da sola della madre ricoverata e ormai logorata dall'Alzheimer, spaventata dall'idea di trascorrere da sola la notte di Natale. C'è Mike (Paul Walker), un giovane agente di polizia a un passo dal matrimonio, mollato da solo dalla fidanzata Nina (Penélope Cruz) che soffocata dalla sua gelosia decide di passare il Natale con la famiglia per chiarirsi le idee. C'è Artie (Alan Arkin), un anziano cameriere che inizia a manifestare un interesse sui generis per Mike. C'è Jules (Marcus Thomas), aggrappato al ricordo del suo Natale più bello, quando a quattordici anni festeggiò in ospedale per via di una frattura al naso; un'esperienza che ha deciso di ripetere.
Banalizzato all'estremo dal titolo italiano, che falsa l'idea di partenza e sostituisce grezzamente l'originale Noel, Un amore sotto l'albero parte in quinta con l'ottimismo a volte sfacciato che decolora un'autenticità difficilmente conquistabile da protagonisti di storie così particolari.
L'intenzione è quella d'esplorare il lato spirituale della vita umana credendo nella possibile presenza di forze e presenze soprannaturali. E Palminteri si butta senza mezze misure nel costruire il contrasto fra l'atmosfera frizzante e la malinconia dell'anima, mescolando l'estetica festiva più nota - dall'albero alle musiche - e adeguati rinvii all'isolamento esistenziale - la solitudine di una camera d'ospedale, il silenzio di un ponte sul fiume -.
A non convincere non é quella patina un po' stucchevole chiamata ad ammantare qualche angolo del film, che presenta un'idea un po' semplificata dell'umanità pronta a condividere le proprie sofferenze. È piuttosto la nonchalance con cui anche le situazioni più inverosimili sono rozzamente modellate. Dal conflitto pluriennale con una madre risolto grazie a cinque minuti di dialogo con lo sportello psicologico di un ospedale, a strane fissazioni sulla reincarnazione, fino a sbalzi umorali quasi isterici. L'ingenuità (forse pretesa) della sceneggiatura, opera di David Hubbard e molto amaza da Palminteri, non risolve i problemi di un intreccio che avrebbe potuto presentare più problemi e più spunti, optando per scelte che danno sì a Un amore sotto l'albero una certa fluidità, ma anche un tremendo senso d'artefatto.
C'è almeno coerenza nel rutilante susseguirsi di piccole tempeste emotive, e fuor di dubbio è sempre un grande regalo veder recitare l'immensa Susan Sarandon, nella quale il film trova il suo appiglio più solido, sempre credibile anche quando tentenna davanti alla corte spietata di un uomo più giovane. Se la storia di Rose risulta la più credibile, pur in mezzo a supponenti elementi di metafora sovrumana, probabilmente non è un caso: l'intelligenza interpretativa della Sarandon modella la vicenda del suo personaggio fino a farlo sembrare il collante di storie in parte scollegate, vera protagonista fra tante figure.
Anche il resto cast in fondo è in parte, incluso lo stesso regista che si regala un cameo. Ma cuore e slancio spesso non bastano a fare da contrappeso a una semplicità a tratti troppo prevedibile, e nei momenti clou alla genuinità non si affianca il carisma (eccezion fatta per la Sarandon). Così, anche il tentato omaggio a Frank Capra lascia sfortunatamente il tempo che trova, soffocato da quello zucchero che avrebbe potuto essere meno abbondante e motivato da contrasti più forti.


Alessandro Bizzotto

Un amore sotto l'albero

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