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Intervista - Tre parole sopra il cielo di Riccardo Scamarcio

Eccolo il duro e affascinante Step di Tre metri sopra il cielo, il più desiderato dalle adolescenti italiane, l’ombroso samurai Nero di Romanzo criminale.
Praticamente L’uomo perfetto. Più semplicemente Riccardo Scamarcio.
Un giovane, simpaticissimo attore sulla bocca di tutti più per aver centrato con un paio di film il cuore di milioni di teenagers, che per l’innegabile talento di interprete, che ci aspetta paziente per un’intervista mentre finiamo di chiacchierare con il regista di “Texas” di cui è protagonista. E poco ci manca che ci offra una sigaretta mentre lo accompagnamo fuori dal Cinema dove il brusio dei critici si perde in lontananza lasciandoci il tempo di scherzare e prenderci la libertà di qualche battuta. Quando gli spieghiamo che scriviamo per un sito web, lui esordisce…

"...Giornalismo virtuale?"

Molto più reale di quanto si possa immaginare. Infatti siamo qui a Milano (sveglia ore 5.00) per intervistare te, il mito delle teenagers, in carne ed ossa. E ora come la mettiamo?

Risata generale.
Cominciamo mentre due scaltri e furbissimi occhi verdi impavidi come le occhiatacce del Nero interpretato in "Romanzo Criminale", ci fissano impunemente. Sguardi difficili da reggere, a voler essere sincere, ma a cui cerchiamo ribattere con aria di sfida e un pizzico di sana acidità da criticone un po' prevenute…

Fausto Paravidino ci ha confessato che Gianluca, il personaggio che interpreti in "Texas" è stato uno dei più complessi da costruire. Quanto è stato difficile per te incarnarlo?

E’ stato difficile per me come attore riuscire conferire credibilità ad un personaggio in un contesto che non mi appartiene. La prima difficoltà che ho incontrato è stata la lingua, innanzitutto. Mi sono costretto a non cercare quella zona di autorevolezza, di decisione che mi appartiene come attore, dopo ruoli da duro e impavido come quelli di "Tre metri sopra il cielo" e Romanzo criminale. Il mio personaggio in "Texas" è come se fosse un po’ imbambolato, ma soprattutto è passivo nei confronti di quello che gli accade intorno e questa è stata la difficoltà forse più grande che ho dovuto affrontare entrando nei suoi panni.

Hai mai pensato di essere considerato troppo bello per essere credibile in certi ruoli?

Ma io sinceramente non mi reputo così “bello”…
Si schermisce subito, con un piglio severo che dice tutto

Sì ma è così che ti considera spesso la gente, l’opinione pubblica. Non hai mai avuto timore di essere un po’ penalizzato/condizionato da questa situazione?

Sì effettivamente, credo ci sia questo pericolo. E questo mi dispiace perché io in realtà odio qualsiasi tipo di definizione, questo cercare a tutti i costi un’etichetta. Ovviamente il fatto di essere definito, “conformato” come “idolo” o “bello” è abbastanza irritante…
Un’arma a doppio taglio che spesso ti fa dire di certi interpreti "bello sì però è un po’ cane…"
Comunque è una condizione che ridimensiona le tue capacità attoriali e soprattutto può creare nella mente dei registi che devono sceglierti un certo pregiudizio.
In realtà, se ci si pensa un attimo, può diventare anche stimolante, un incentivo per fare meglio e dimostrare il contrario. Devo dire che in questo senso Fausto non ha avuto questo tipo di pregiudizi e credo che poi il risultato sia davvero buono. Per quanto mi riguarda credo che quella in “Texas” sia la parte più bella che ho fatto.

Parlando di te, spesso viene fuori il nome di Benicio Del Toro. Un accostamento che, a parer mio, va oltre la semplice somiglianza fisica. Vi accomuna una grande espressività ma anche un modo “istintivo” di stare in scena, che fa parlare i silenzi, le emozioni. Ti lusinga o ti infastidisce questo piccolo confronto?

Chiaramente mi lusinga essere accostato ad un grandissimo attore come lui. Ma mi lusinga come in un gioco un po’ così, estemporaneo. Ovviamente io sono un attore diverso, porto in scena me stesso attraverso altri personaggi. Non so poi quanto ci possiamo assomigliare in realtà. Di fatto non si può essere paragonati a nessuno, ognuno di noi ha la sua personalità il suo essere.
Però, non c’è che dire – sorride gigione - un paragone con un attore del suo calibro mi fa molto, molto piacere…

Hai iniziato la tua carriera alla grande raggiungendo la vetta e superandola con “3 metri sopra il cielo”, per scendere subito dopo dal piedistallo di Step e diventare “L’uomo perfetto”, dissacrando così con grande autorionia l’immagine di idolo che ti eri costruito. Hai esplorato l’anima torbida e “nera” del passato del nostro paese, con “Romanzo criminale” e ora, con "Texas", la sua “periferia”. Dove vuole arrivare Riccardo Scamarcio?

Con "L’uomo perfetto" effettivamente ho voluto “distruggere” in un certo modo quell’immagine di bello e dannato che mi aveva lanciato e ridimensionare il personaggio che ero diventato con "Tre metri sopra il cielo". E dovendo fare il secondo film ho avuto la fortuna di trovare questo ruolo autoironico che mi ha permesso tra l’altro di lavorare nuovamente con persone che conoscevo bene come Luca Lucini (regista anche di "Tre metri sopra il cielo" ndr). Ora posso scegliere con più consapevolezza e ho deciso di fare un tuffo nel passato, e di ritornare indietro nel tempo, per la serie televisiva “La freccia nera” (remake dello sceneggiato omonimo di Anton Giulio Majano con Loretta Goggi ndr) e cercare di ricreare un personaggio romantico, spiazzando ancora una volta quelli che già pensavano che Scamarcio adesso avrebbe fatto solo film d’autore. E invece, no! Adesso faccio una serie televisiva…
E se la ride di gusto, come chi sa di aver già preso in contropiede la retorica di certe critiche preconfezionate…
Perché il personaggio (nel film sarà nel ruolo Dick Shelton che fu di Aldo Reggiani) è molto bello e spero mi possa portare a fare qualcosa di molto interessante anche in televisione (dove ritorna dopo "Compagni di scuola", "Ama il tuo nemico 2" e "La meglio gioventù").

E’ un fiume in piena Riccardo Scamarcio, e si diverte da matti a raccontarsi e a parlare del suo lavoro, ma il tempo incalza assieme alle prossime interviste, lasciandoci il tempo per poche parole che noi trasformiamo in uno scambio di battute pieno di riconoscenza…
Sei una continua sorpresa lo sai?


Perché? Che idea vi eravate fatte di me?

Sinceramente? Ti avevamo sottovolutato, pensavamo fossi il solito idolo delle giovanissime senza il cervello che in realtà hai dimostrato di avere oggi.

Ci guarda celando abilmente il leggero smarrimento provocato dalla nostra impudenza, e ci ringrazia per la sincerità, pensando, chissà, "ma tu guarda ‘ste toste"...
Il silenzio è un attimo di brevissima riflessione, mentre gli occhioni verdi che fanno sognare tante ragazzine si muovono scaltri con la velocità dei suoi pensieri…


…Beh, a volte le risposte dipendono anche dalle domande che ti pongono. Se non sono scontate una persona riesce a trovare anche cose interessanti da dire, e si appassiona a ragionare. E poi a volte, diciamocelo francamente, dipende anche da come uno si sveglia la mattina…

E come è arrivato se ne va gesticolando, salutandoci grato da compagnone e ‘pacche sulle spalle’.
Quasi a voler sdrammatizzare, a non voler essere preso troppo sul serio, contento di non essere L’uomo perfetto ma, semplicemente, se stesso.



Che bel personaggio questo Scamarcio. Abbiamo iniziato l’intervista convinte di avere di fronte l’ennesimo “figaccione” da esportazione per trovarci davanti all’umiltà di chi ha preso questo lavoro con grande serietà e con la giusta prospettiva. Quella di fare ciò che appassiona e fa appassionare gli altri, di affascinare e lasciarsi affascinare dall’illusione, dal sogno, dall’eterno gioco della finzione, spesso più autentica della realtà, e da tutto questo insieme, ben consapevole che la vita è anche altro.


Ottavia Da Re
In collaborazione con Marta Ravasio

(14/10/2005)


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