NICOLE!


Ha costruito la sua carriera con i ruoli più diversi. Con un grande obiettivo: renderli veri. Ora è di nuovo a un passo dall'Oscar. Dagli esordi a The Hours, ecco come la Kidman ha conquistato il Hollywood. E non solo.

"It's about being bold, being brave, taking risks and being strong".
Con questo messaggio Nicole Kidman ha salutato la sua vittoria dell'MTV Movie Award come miglior attrice per Moulin Rouge, lo scorso anno. "Bisogna essere coraggiosi, essere arditi, assumersi i propri rischi ed essere forti".
Un po' la sua filosofia di vita. Almeno sul grande schermo.
Trentacinque anni, fisico longilineo da top model, lineamenti di perfezione imbarazzante e qualità d'interprete fuori dal comune, Nicole Kidman ha costruito la sua carriera e la sua immagine spaziando fra i ruoli più complessi. Dagli esordi in Ore 10: calma piatta alla serie di personaggi seguita, molto di Nicole salta agli occhi. L'eclettismo, per esempio.
Difficile dimenticare la sua ultima apparizione al Festival di Venezia, nel 2001. Appena uscita dalla bufera di un divorzio (inutile dire da chi) e di un aborto spontaneo, apparve alla conferenza stampa come un miraggio nel suo completo color burro, l'incedere regale. Firmò autografi in abbondanza e intrattenne la stampa per venti minuti più del previsto.
Era sbarcata in Laguna per presentare The Others di Alejandro Amenábar. Un assolo d'interprete da brivido, forse la sua miglior interpretazione, nei panni di un'algida donna confinata con i due figli nell'isola di Jersey del 1945. Stregò la platea veneziana alla proiezione ufficiale quella sera, nella sua mise nera doppia lunghezza, strappando applausi entusiasti per la sua superba prova di madre in stile Giro di vite.
Quasi un mezzo ritorno a Henry James. Nicole aveva già incarnato un'eroina del grande autore (l'unica, ufficialmente). Nel 1996 era stata Isabel Archer in Ritratto di signora, diretto da Jane Campion, un'esperienza che aveva dato conferma delle sue risorse d'attrice sopra la media.
Già l'anno precedente aveva sollevato plausi pressoché unanimi, calandosi negli scomodi panni di un'arrampicatrice pronta a tutto pur di sfondare in tv in Da morire di Gus Vas Sant; la sua prima interpretazione coperta d'allori, tra cui il Golden Globe e la nomination al BAFTA.
Con Ritratto di signora Nicole ha compiuto la sua prima, parziale metamorfosi: la chioma dorata scurita e raccolta in elaborate acconciature d'epoca, il corpo marmoreo coperto da trine e gale, stretto in busti che ne esaltano la sottigliezza. Sul set, si è sottoposta all'ascolto continuo di canti gregoriani per facilitare un salto temporale di circa cent'anni. Intensa e cristallina, la Kidman smussa l'acredine puritana della sua lady, lasciandosi leggere come un libro (""Voglio vedere dentro di te": è stata questa la richiesta di Jane Campion"). Da antologia.
Per apparire al meglio in altre tre pellicole.
Prima, Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. Dove trova uno dei suoi ruoli più complessi e controversi: quello di Alice, moglie di un medico di successo e madre di una bambina. Una vita perfetta sulla carta, ma che non impedisce ai desideri più profondi di minare la solidità matrimoniale. Le riprese del film iniziano nel novembre 1996 per concludersi nel giugno 1998. Nicole trascorre più di un anno e mezzo sul set di Kubrick, con la consegna del silenzio, rifiutando diversi copioni. Ma non importa. Il monologo in cui confessa al marito le sue trascorse fantasie su un ufficiale incontrato per caso in un albergo è già cult.
Seconda, The Others.
E così, dopo una moglie combattuta e una dolorosa madre, Nicole può finalmente ritrovare se stessa nei panni di Satine in Moulin Rouge di Baz Luhrmann. Sparkling, "splendente", è stato l'aggettivo più usato per descrivere la sua prova di recitazione, danza e canto; ma è comunque riduttivo. Il fascino della Kidman esplode letteralmente in Moulin Rouge. Senza le crinoline di ritratto di signora. Senza gli iridi sfiniti dal pianto di Eyes Wide Shut.
Sensuali costumi di cortigiana fin-de-siécle ne esaltano la bellezza perfetta, numeri quasi acrobatici sul trapezio e passi di danza le qualità di dea dello spettacolo.
Un'interpretazione di forza trascinante. Non a caso la prima ad ottenere, finalmente, la nomination all'Oscar, oltre al Golden Globe, al Golden Satellite Award e a diversi altri riconoscimenti.
E se molti hanno visto, nel suo calcare i palcoscenici londinesi con The Blue Room, la prova del fuoco per un'attrice di stampo un po' troppo hollywoodiano, la definitiva trasformazione, l'altra faccia del glamour di icona, arriva con Virginia Woolf.
In The Hours di Stephen Daldry, dove recita insieme a Julianne Moore e Meryl Streep, la Kidman veste i panni della celebre autrice britannica. Letteralmente. Un naso finto, allungato per conferire al suo viso una gravità maggiore e accentuare la somiglianza con la scrittrice; capelli scuri legati sulla nuca; un trucco che la rende quasi irriconoscibile. Tranne che per la scintilla nei suoi occhi, fiera e tracimante.
"Nicole e Virginia Woolf non si assomigliano molto," ha affermato Stephen Daldry, "ma possiedono lo stesso magnetismo animale. E uso la parola 'animale' nel senso migliore - in altre parole, un pericolo, un'allerta".
Impavida, la Kidman ha voluto girare la scena del suicidio di Virginia Woolf senza controfigura, calandosi personalmente nelle gelide acque di un fiume in piena. "Nicole sapeva," racconta Daldry, "che avremmo dovuto calarla in un fiume vero con una corrente molto veloce, e che lei avrebbe dovuto immergersi nell'acqua e restare lì. Era una situazione realmente pericolosa, ma Nicole non ha mai considerato l'ipotesi di farlo fare a qualcun altro".
Hanno celebrato la sua prova mimetica un BAFTA, un Golden Globe e una seconda nomination all'Oscar.
Essere coraggiosi. Essere forti. Così Nicole Kidman si è imposta come una delle maggiori attrici della sua generazione. Aderendo ad un percorso di crescita come a una vocazione, a un'etica professionale.
Per il futuro, ha già pronti tre film. Dogville di Lars Von Trier, The Human Stain di Robert Benton e Cold Mountain di Anthony Minghella. All'orizzonte, il ruolo della madre di Alessandro Magno in Alexander the Great, di nuovo sotto la regia di Baz Luhrmann, e quello di Ava Gardner in The Aviator di Martin Scorsese.
All'ultima cerimonia dei Golden Globe, sul palco per ritirare il premio come miglior attrice drammatica per The Hours, ha fatto un appello agli sceneggiatori e ai cineasti, scherzando, ma non troppo. "Continuate a scrivere per noi attrici: siamo molto interessanti". Impossibile darle torto.

Alessandro Bizzotto


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