RALPH FIENNES

Interprete sottile e amante del teatro, torna al cinema con un ruolo dark. A dispetto della fama di attore romantico.


Il corpo appesantito. Sul suo famoso sguardo l'ombra di una cattiveria sorda. La voce spezzata e falsata, privata dell'usuale e calda profondità.
Così Ralph Fiennes, celebrato oggi come eroe romantico, ha fatto di prepotenza il suo ingresso dell'universo dello star-system. Era il 1993. Il ruolo quello del cinico comandante nazista Amon Goeth in Schindler's List di Spielberg. Una paranoica perfidia resa con perfezione impressionante. Una figura da detestare, ma un'interpretazione tanto grande da meritare il Bafta e le nomination all'Oscar e al Golden Globe, fra gli altri premi.
Prima di Schindler's List, Fiennes non aveva frequentato molto il cinema, con l'eccezione di un adattamento di Cime tempestose della Brontë, girato al fianco di Juliette Binoche; ma a trentun'anni la sua onorata carriera teatrale comprendeva buona parte del repertorio shakespeariano. E nonostante il successo cinematografico internazionale, al teatro non ha rinunciato. Forse anche per questo l'America (ma non solo) lo considera il più accreditato erede di Laurence Olivier, insieme a Daniel Day-Lewis.
A poco meno di quarant'anni (li compirà il prossimo 22 dicembre) Fiennes è tornato a vestire per il cinema i panni del cattivo. In Red Dragon, "prequel" del Silenzio degli innocenti diretto da Brett Ratner, nelle sale dal 25 ottobre, è un serial killer; a dargli la caccia il giovane detective Edward Norton, coadiuvato dall'ormai celeberrimo professor Hannibal Lecter, che per la terza volta ha il sembiante di sir Anthony Hopkins. Il fisico atletico e l'immancabile disagio psichico, Francis, il personaggio di Ralph nonché il Red Dragon del titolo, presenta un lato a prima vista anomalo rispetto allo stereotipato ritratto degli omicidi: ha una donna amata, Reba, una ragazza cieca interpretata da Emily Watson. Unico punto di contatto con il decantato passato dell'attore britannico, disseminato di personaggi romantici. Perché alla fine è sempre lì che sembra tutti vogliano tornare, quando parlano di Ralph Fiennes: al suo successo in film che raccontano devastanti storie d'amore.
Se ci si volta a guardare la sua filmografia, non si può fare a meno di notarlo, parti del genere sono reperibili in buona parte. È il ruolo del fascinoso conte ungherese Laszlo de Almàsy ne Il paziente inglese di Anthony Minghella a far salire vertiginosamente le sue quotazioni e a procurargli la seconda nomination all'Oscar. Una prova complessa e magnetica, quella di un uomo che nel Sahara del 1938 vive una travolgente storia d'amore con una donna sposata (interpretata dalla bravissima Kristin Scott Thomas, che ha a sua volta ricevuto la nomination come migliore attrice). L'anno è il 1996; in Italia il film arriva nei primi mesi del 1997. Avvolti dagli smaglianti colori di John Seale e dalle struggenti musiche di Gabriel Yared, Fiennes e la Scott Thomas hanno fatto storia. In testa ad una lunga lista di fratelli, Ralph ha lavorato con due di loro nel 1999 in occasione di Onegin, tratto dal romanzo in versi di Puškin. Alla regia sua sorella Martha. Suo fratello Rufus, famoso autore di jingle nel Regno Unito, ha collaborato per quel che riguarda la colonna sonora. Lui come protagonista e produttore esecutivo. La storia? L'infelice amore di Eugenio Onegin per Tatiana (Liv Tyler) nella Russia zarista. Nuovamente romantica.
Eppure, anziché come innamorato ideale, copia seria e impegnata di Tom Cruise, si è fatto conoscere e apprezzare per le sue sottili e strabilianti doti di interprete, che riescono - cosa rara nel mondo tecnologizzato di buona parte del cinema odierno - a coniugare afflato epico e dramma intimistico. Una volontà di indagare l'uomo che l'ha sempre portato a scegliere personaggi non facili, spesso non convenzionali.
Da qui forse la fama di bel tenebroso. Su cui, però, ha più volte ironizzato. Come all'ultima cerimonia di consegna dei Golden Globe, quando, salito sul palco per consegnare il premio alla miglior regia, ha esordito: "Il mio agente mi ha detto che se non avessi sorriso mi avrebbe preso a calci nel sedere".
Legato alla celebre attrice teatrale Francesca Annis, sembra intenzionato a muoversi in direzione diversa da quella che vorrebbe l'immagine divistica (e di sex-symbol). Il suo prossimo ruolo al cinema sarà in Spider di David Cronemberg, già presentato all'ultimo festival di Cannes, in cui interpreta uno schizofrenico tormentato dal suo passato. E anche se francamente sorprende la sua scelta di recitare in Maid in Manhattan, una commedia sentimentale in cui dividerà la scena con Jennifer Lopez (davvero improbabile come sua partner), si ricordi che quest'inverno bisserà in teatro, con la Royal Shakespeare Company e con il London National Theatre. Scelta che suona anche come implicita smentita delle voci che, qualche mese fa, lo volevano nuovo James Bond per i prossimi film su 007. Sarebbe tuttavia un errore imperdonabile considerarlo un attore troppo di nicchia, arroccato in un intellettualismo snob. Ralph Fiennes è sempre uno che ha interpretato Strange Days di Kathryn Bigelow, nei panni dell'ex poliziotto Lenny Nero alle prese con un futuristico registratore mentale e un caso d'omicidio. È uno che non ha avuto problemi a ridare vita agli Avengers sotto la regia di Jeremiah Chechik, vestendo i panni di John Steed accanto alla Emma Peel di Uma Thurman.
Ma ciò che più conta è che Ralph possiede la capacità di farci identificare nei personaggi che interpreta, di farci condividere e comprendere le loro sofferenze, i loro sentimenti. Lascia che sia l'uomo a parlare, non un fittizio superuomo; e il suo sguardo è franco, onesto.
Per questo è riuscito ad evitare che Charles Van Doren, il wasp che interpreta in Quiz Show di Robert Redford, divenisse una banale pedina dell'imbroglio ordito ai danni di John Turturro, il piatto prototipo dell'essenza filo-europea dotta. Per questo nessuno si è interrogato sulla sua credibilità nei panni del timido e goffo ministro di Dio che s'innamora di Cate Blanchett in Oscar e Lucinda di Gillian Armstrong.
Uno dei suoi ruoli migliori resta quello di Maurice Bendrix in Fine di una storia di Neil Jordan, tratto dal romanzo di Graham Greene. Un amore e una passione devastanti che devono fare i conti con il dramma della gelosia e i dubbi sull'esistenza di Dio. Al suo fianco, una splendida Julianne Moore; lei che nel 2001 avrebbe vestito i panni di Clarice Starling in Hannibal di Ridley Scott, facendoci dimenticare Jodie Foster. Lei che, come Ralph, ha avuto il suo incontro con Hannibal Lecter. Uscendone bene.

Alessandro Bizzotto


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