Foto Copyright © Ottavia Da Re IRENE, NESSUNA E’ PIU’ ROCKER DI ME

Abbiamo incontrato Irene Grandi, in occasione dell'ultimo live della sua tournée "acustica" con cui la piccola grande rocker toscana ha travolto il pubblico di Mestre, scatenando sul palco del Toniolo la sua voce graffiante, accompagnata da violini e viole, ma sempre, prepotentemente, rock.
Ci ha parlato di cover, della sua passione per l'Africa che la lega a Venezia, e di Sanremo, a pochi giorni dal festival e dalle sue eterne polemiche che lei ha saputo esorcizzare, da eterna ragazzaccia, passando dal secondo posto del 2000 (con "La tua ragazza sempre" scritta da Vasco) alla clamorosa bocciatura di "Bruci la città" del 2007 che però le ha regalato un altro grande successo. Iniziato proprio in laguna...

Mestre segna l'ultima tappa del tour "Irene Grandi. Hits". Un bilancio?
Una tournée fantastica dal punto di vista musicale e umano, di collaborazione. Credo sia piaciuto a tutti lavorare in questa tournée. A me per prima perché comunque ho sentito la mia musica rinnovata con dei nuovi arrangiamenti, e con l’aggiunta di un quartetto d'archi...

Però hai mantenuto la chitarra elettrica, creando un allestimento molto originale...
Sì perché non abbiamo voluto togliere completamente dalle mie canzoni certe sonorità. Dove c'era bisogno di un po' di grinta abbiamo lasciato la strumentazione elettrica, mentre su canzoni anche un po' più particolari, tipo "E' solo un sogno" o "Cose da grandi", canzoni che non faccio sempre, abbiamo creato un’atmosfera molto raffinata, con tanto di archi. Però abbiamo preferito la chitarra elettrica piuttosto che l’acustica perché alla fine con il quartetto d’archi ci piaceva di più, dava più suono ed energia.

Così i musicisti sono stati costretti a non "alzarsi" troppo...
C'è un'intenzione acustica nel concetto, anche se poi gli strumenti sono elettrici. Oltre alla chitarra elettrica abbiamo anche le tastiere Hammond, e pure un piano elettrico vecchio... Però i musicisti sono costretti, batterista in testa, a mantenersi un tono più bassi per non sovrastare gli archi, così da poter valorizzare la voce e gli arrangiamenti che sono un po' più scarni e mi lasciano tutto lo spazio necessario per l'interpretazione...

Sei una delle poche donne che fanno rock nel nostro paese. Quanto è difficile essere delle rocker in Italia?
Un'impresa guarda... quasi impossibile. Io sono una rocker, ma un po' melodica, “ammorbidita” in un certo senso, anche perché il rock in Italia fa un po’ fatica pure al maschile. Gruppi rockettari come i Linea 77 sono costretti ad andare all'estero, magari in Germania, quindi figuriamoci quanto è dura per una donna. Il rock poi si fa fatica a promuoverlo, a trovare spazi, anche televisivi per esprimersi. Per dirti, anche il taglio punk che avevo poco tempo fa piaceva meno del ricciolo che ho adesso, quindi è tutto un po' complicato...

Però tu sei riuscita comunque a importi alla grande...
Perché ho soprattutto una personalità rock, un atteggiamento, oltre che una vocazione musicale, che magari, alla fine, sposandosi bene con la melodia italiana, diventa anche qualcosa di originale ed è “nostra” . Tra l’altro non siamo nemmeno tanto bravi a fare rock come gli inglesi. La melodia ci accompagna sempre un po'. Quindi ben vengano le contaminazioni, che ci permettono di rimanere un po' al passo con la musica internazionale, se no…

Nell’ultimo album hai realizzato delle cover d’autore (“Estate” di Martino, “Sono come tu mi vuoi di Mina”), che comunque sono delle grandi interpretazioni perché si discostano molto dai pezzi originali. Ma siamo in un periodo in cui tutti fanno cover. Questo non va a penalizzare la musica originale e di conseguenza gli artisti emergenti?
Diciamo che è sempre stato un po' così, comunque. Però siamo in un periodo in cui la musica non sta proprio benissimo, non fa certo grandi passi avanti. E' vero anche che i musicisti devono pur mangiare e, se è questa la richiesta del pubblico, è difficile sottrarsi sempre. Da una parte credo sia anche sbagliato non fare mai cover. Da un certo unto di vista ti insegnano molto. E scegliere un pezzo, valorizzarlo, interpretarlo tra tutti quelli che ci sono in giro, non è così scontato, semplice, ed è una scelta creativa, se vogliamo.

Come hai fatto tu con il pezzo di Mina "Sono come tu mi vuoi" che non tutti conoscevano e che tu hai contribuito a far riscoprire
Riscoprire anche le nostre grandi canzoni secondo me è importante. Ho appena sentito anche i Bluebeaters di Giuliano Palma. Certi pezzi gli permettono di uscire anche un po' fuori, di farsi conoscere, quindi capisco chi fa una scelta di questo tipo. Un po' di anni fa era quasi vietato fare cover per noi artisti...sembrava che quando non avevi più un cavolo da dire, ti mettevi a fare cover... In realtà riscoprire certe canzoni non è sbagliato e a volte certi brani ti ispirano pure nuovi pezzi.

Ti sei sentita un po' in soggezione quando hai deciso di fare un pezzo di Mina?
Non proprio. "Sono come tu mi vuoi" la sentivo comunque molto mia...Ecco, se mi avessero chiesto di fare “Grande, grande, grande” mi sarei sentita molto in soggezione...magari sarebbe diventata Grandi, Grandi Grandi... (ride di gusto)

Lei si è fatta sentire?
Attraverso il mio produttore mi ha fatto sapere che le è piaciuta.

Parlando di crisi della musica. I Radiohead hanno sovvertito l'ordine che governa il mercato discografico, mettendo il oro cd online con offerta libera e ora le major sono un po' in crisi. La fruizione digitale contribuisce a cambiare le cose. Secondo te è l'inizio di una rivoluzione che porterà maggiore indipendenza agli artisti?
Credo sia un processo ormai avviato che durerà a lungo anche se non è facile trovarsi a fare musica in questo momento, perché come tutti i momenti storici di grandi cambiamenti, è un momento difficile. Io ci credo e sto lavorando per promuovere il mio lavoro anche attraverso la rete. Ho scritto un pezzo solo per la rete "Le tue parole", che è uscito a maggio. Ovviamente non c’è lo stesso impatto che c’è per i dischi ma piano piano qualcosa sta cambiando. Ho fatto anche il casting per il video di "Bruci la città" su Second Life...Insomma non me la voglio perdere questa rivoluzione! Voglio farne parte ed avere anche fiducia nel fatto che sia una cosa positiva. Internet ha dato molte opportunità ai giovani di farsi conoscere, ma anche ai musicisti già affermati di creare delle collaborazioni che altrimenti non sarebbero state possibili. Bisogna essere un po' più aperti nella promozione e anche le case discografiche dovrebbero cercare di essere un po' più creative, magari cercando nuove idee per ogni singolo artista e non creare uno standard per tutti.

"Bruci la città" prima di essere consacrato, ha avuto una genesi tormentata, con la bocciatura sanremese all’inizio del 2007. Un caso tornato attuale dopo il rifiuto di far concorrere il pezzo di Povia e Baccini che hanno gridato allo scandalo, dichiarandosi vittime del monopolio delle major. Tu che ci sei già passata, cosa vorresti dire?
Secondo me non c'è bisogno di far polemica (e poi Povia l’ha già vinto Sanremo). Anche se lo scorso anno non mi hanno preso con “Bruci la città”, ho creduto ugualmente nel pezzo, anzi ho avuto l'appoggio della mia casa discografica che ha voluto comunque far uscire questo brano. Secondo me Sanremo è importante, per alcuni artisti, soprattutto agli inizi è quasi fondamentale, però non è l'unica strada per fare musica in Italia. Se anche un brano non viene accettato, bisogna saper dire "sarà per un'altra volta"...

Infatti poi hai vinto la seconda edizione del Venice Music Awards al Lido di Venezia. Una bella rivincita su Sanremo...
Esatto, anche perché poi il pezzo è stato premiato al Festivalbar e ha ricevuto molte altre gratificazioni. Se pensi che anche Vasco è arrivato ultimo a Sanremo...A volte essere esclusi può avere i suoi vantaggi. Significa che la tua canzone ha qualcosa di forte o originale, che si distingue anche per un linguaggio un po' diverso da quello "sanremese". Quindi può essere anche più adatto al mercato e al pubblico.

Come ha vissuto il Carnevale una toscana in trasferta a Venezia?
Non sono una che si traveste tanto a Carnevale, però siccome soffro un po' la notorietà, mi diverto un sacco a girare mascherata...

Ti sei fermata a Venezia?
Stavolta mi è mancato il tempo, ma ci sono stata quest'estate, ho fatto un bel giro e ho incontrato degli amici che ho qui a Venezia e che ho conosciuto in Burkina Faso, dove ho tenuto dei concerti per un progetto umanitario di cooperazione internazionale. Li ritrovo tutte le volte che vengo in zona. Sono dei percussionisti che lavorano spesso con l’Africa creando dei gemellaggi a livello musicale...

Ti vedremo all'Heineken Jammin' Festival a giugno?
Ci tornerei ad occhi chiusi...anche perché uno dei ricordi più belli che ho dei miei concerti è legato proprio all'Heineken del 2001, quando debuttai con la band precedente aprendo il concerto di Vasco. Vorrei tornarci con la nuova band e avere un'altra grande esperienza live come quella.

Stavolta "elettrica" al cento per cento...
Eh sì, lì mi sa che mi tocca...

Sogghigna divertita, Irek, come ama farsi chiamare, con il ricciolo ribelle e l’irriverente piglio toscano, immaginandosi già sul main stage a scatenare tutta l'energia del rock più puro, magari accanto a “suo” Vasco… In fondo lei sarà la sua ragazza, sempre.

(intervista pubblicata sul n. di febbraio del mensile "Il Gazzettino Illustrato").

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Intervista a cura di: Ottavia Da Re


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