La recensione: MACBETH

Quando ci capita di pensare o di discutere di alcune delle più profonde debolezze dell’animo umano, come l’avidità o l’ambizione, che spesso plasmano il carattere di quegli uomini sedotti dalla fascinazione del potere – sia esso economico piuttosto che politico – verso il quale si sentono irrimediabilmente sospinti senza sosta da una bramosia irrefrenabile, è pressoché impossibile che il nome di Macbeth non si posi sulle nostre labbra. La parabola del Barone di Glamis, fedele e valoroso generale dell’esercito di Duncan Re di Scozia, che, dopo aver ucciso il traditore Macdonwald nel corso di una sanguinosa battaglia, viene corrotto dalla profezia rivelatagli da tre misteriose donne, le quali gli predicono che lui diverrà signore di Cawdor e Re di Scozia. Da quel momento, complice l’ossessiva determinazione di Lady Macbeth nel far sì che il glorioso futuro del suo signore non venga in alcun modo compromesso da dubbi o ripensamenti di sorta; per Macbeth si apre un baratro profondo e imperscrutabile, ai limiti del quale il cuore e la mente umana vacilla al solo scorgere la sanguinaria violenza che si fa volontà nell’azione e la diabolica malvagità che dà sostanza al pensiero.
Tra i tanti versi scritti che hanno reso immortale il più celebre tra i poeti e drammaturghi di tutti i tempi, tanto da rendere le sue opere tra le più trasposte a teatro come al cinema ancora oggi, a distanza di secoli dal suo debutto in scena, c’è senz’altro questa tragedia che getta uno sguardo disincantato quanto passionale sull’abisso profondo che si può aprire nell’animo umano, sino ad inghiottire il più irreprensibile degli uomini.
L’universalità e la sorprendente modernità di Shakespeare, che gli han permesso di travalicare intatto il tempo così come qualsiasi barriera linguistica e culturale, è esattamente il motivo per cui per molti registi ed attori diviene imprescindibile cimentarsi con almeno una delle sue opere. Se la ricchezza del linguaggio e la complessità dei temi trattati, così come dei personaggi che si trovano a vivere in scena dilemmi e sentimenti senza tempo, possono intimorire il più abile degli autori o il più consumato degli interpreti; al contempo divengono spesso un richiamo irresistibile per innumerevoli rivisitazioni e declinazioni tra il classico ed il moderno, sino a giungere al kitsch, rischiando così di piegare quegli immortali versi per asservire velleità autoriali ed una visione ben più ristretta di quella per cui furono originariamente concepiti, mettendo per altro a dura prova l’attenzione e la pazienza anche del più compiacente tra gli spettatori.
Certamente non è il caso di questa trasposizione che è stato chiamato a dirigere Justin Kurzel, giovane e promettente regista australiano dal background teatrale ( non solo registico, ma anche nell’ambito della scenografia ); ha esordito alla regia cinematografica con l’ottimo “Snowtown” che gli è valsa l’attenzione di pubblico e critica, così come numerosi premi o menzioni speciali nei maggiori Festival di Cinema internazionali.
Kurzel decide saggiamente di mantenere intatto l’impianto linguistico, scenico e narrativo del “Macbeth” e di utilizzare quanto di meglio il mezzo cinematografico ha da offrire per forgiare la sua visione della tragedia shakespeariana attraverso due elementi fondamentali dell’opera che, per ovvie ragioni tecniche, spesso a teatro non trovano lo spazio che meritano: l’ambiente, nella sferzante, austera bellezza dei paesaggi scozzesi; e la guerra, nella brutalità del campo di battaglia.
Pur trattandosi della Scozia del XI secolo, “Macbeth” parla agli istinti più bassi dell’essere umano e lo fa attraverso le vicende di personaggi figli di una terra di frontiera avvolta da un singolare misticismo, plasmata dalle forze generatrici della natura; uomini e donne temprati dalla guerra, che conoscono come unica forza motrice che spinge all’azione e discerne tra la vita e la morte. Perché “Macbeth” è la tragedia di Shakespeare che più d’ogni altra affonda nel sangue: il sangue che colora il campo di battaglia, che macchia indelebile le mani dei traditori, che pulsa vigoroso nelle vene di coloro i quali alimentano con la manipolazione i peggiori intrighi di potere, incapaci di saziare la loro cupidigia.
Justin Kurzel riesce a restituirci tutto questo con una regia estremamente concreta, ma al contempo visionaria e potente, dove l’utilizzo del rallenty, del sonoro e della fotografia che ridisegna i contorni sino a deformare interi scenari, sono preponderanti e lasciano intravedere il passato registico di Kurzel tra spot pubblicitari e video clip musicali, pur coniugandosi perfettamente con la classicità del testo e dell’ambientazione prescelta. L’incedere del racconto è sempre in bilico tra l’apparente ineluttabilità degli eventi che incalza i protagonisti e le sospensioni che i dubbi, i ripensamenti o i rimorsi creano facendosi strada nell’animo e nella mente di Macbeth.
Oltre al fondamentale apporto dato dalla fotografia appena citata, firmata da Adam Arkapaw ( “True Detective” e “Snowtown” ); il film di Kurzel è impreziosito dalla scenografia di Fiona Crombie ( “Snowtown” e “Top of the Lake” ), dai costumi del premio Oscar Jacqueline Durran ( “Espiazione” e “La Talpa” ) e dal trucco e parrucco del premio Oscar Jenny Shircore ( “La donna invisibile” e “My weeek with Marilyn” ).
A rivivere per noi sullo schermo una delle parabole sul potere più iconiche di sempre, un cast di prim’ordine a cui fa capo la coppia dall’alchimia perfetta e di indiscutibile fascino, formata dalla francese Marion Cotillard e dall’irlandese di origini tedesche Michael Fassbender. Lei cela dietro i delicati tratti del suo volto, il magnetismo e la determinazione di una dona non comune; lui coniuga abilmente la ruvida presenza fisica del condottiero, alla fragilità di una mente divorata dall’ambizione.
L’efficacissimo finale inoltre sottolinea ancora una volta, con disarmante semplicità, la triste verità di questa tragedia destinata a reiterarsi nel tempo: se modalità e tempi per l’avidità umana cambiano foggia nel corso della Storia, il movente e lo scopo ultimo restano delle costanti pressoché immutabili, per gli uomini, così come per intere Nazioni ed i governi che li guidano.

Ilaria Serina


Qualche curiosità

Ritroveremo Marion Cotillard e Michael Fassbender, insieme al regista Justin Kurzel per l’adattamento di “Assassin’s Creed”, prodotto della Fox, la cui uscita è prevista per il 21 dicembre di quest’anno.
Neil Swain è un abile dialogue coach ed un esperto di Shakespeare che ha supportato gli attori nel corso della lavorazione del film, aiutandoli ad affrontare al meglio tutte le difficoltà linguistiche insite nel testo.
Per realizzare le sequenze di guerra, la produzione di è avvalsa dell’aiuto di un “vero” esercito di rievocatori storici di battaglie che hanno attivamente partecipato a tutte le scene sul campo insieme agli attori.

Trailer:





Scheda film:

Titolo originale: “Macbeth”
Anno: 2015
Data uscita: 05/01/2016
Durata: 113’
Nazione: Gran Bretagna
Produzione: See-Saw Films
Distribuzione: Videa Spa
Regia: Justin Kurzel
Sceneggiatura: Justin Kurzel, Todd Louiso
FotografiaMontaggio: Chris Dickens
Scenografie: Fiona Crombie
Costumi: Jacqueline Durran
Trucco e parrucco: Jenny Shircore
Cast: Michael Fassbender, Marion Cotillard, Elizabeth Debicki, David Thewlis, Paddy Considine, Jack Reynor, Sean Harris, David Hayman, James Michael Rankin

Sito ufficiale italiano: http://www.videaspa.it/cinema/film/macbeth


FB:
https://www.facebook.com/MacbethIlFilm/info

05/01/2016

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