La recensione: IL PADRE D'ITALIA di Fabio Mollo a cura di Ilaria Serina

Ci sono persone che affrontano la vita con estrema esuberanza e non poca incoscienza; che nonostante gli errori fatti o i torti subiti si aggrappano con le unghie e con i denti ed una tenacia senza pari alla vita, affrontandola, anzi, quasi sfidandola caparbiamente a testa bassa o correndole incontro a braccia aperte, desiderose di vedere cosa mai la sorte riservi loro nonostante qualche colpo basso inferto dal destino. Non sempre son capaci di stare con i piedi per terra facendo i conti con le implicazioni della realtà che li circonda, ma possiedono comunque un pragmatismo del tutto personale che gli consente di non rinunciare mai a vivere pienamente ogni singolo giorno. Veri e propri terremoti ambulanti, travolgono qualsiasi cosa o persona incontrino mai sul loro cammino e benché stare al passo con loro possa spesso risultare non poco impegnativo - poiché sovvertono lo status quo - ci restituiscono con semplicità ed immediatezza una grande lezione su come affrontare la vita: un’improvvisazione continua a cui rispondere con inesauribile spirito di adattamento, generoso coraggio ed una buona dose di leggerezza.
Al contrario, vi sono altre persone che restano ai margini della vita avendo paura di desiderare che i propri sogni diventino realtà, poiché con troppa facilità hanno accettato che fosse la morale comune a dir loro cosa è lecito o meno aspettarsi dalla vita e cosa, invece, è bene non provar nemmeno a chiedere! Non hanno ovviamente colpa alcuna, anzi, in loro possiamo ritrovare il sentire di molti, specialmente in queste ultime generazioni che si son trovate dinnanzi un panorama sociale decisamente privo di valide prospettive.
Questi due approcci alla vita, apparentemente in antitesi, entreranno in collisione in “Il padre d’Italia” di Fabio Mollo, giovane e promettente regista di origini calabresi, al suo secondo lungometraggio dopo l’esordio di tre anni fa con “Il sud è niente”, che ha già avuto modo di confrontarsi con il panorama internazionale di molti Festival tra i più prestigiosi al mondo, grazie ad un interessantissimo background fatto di cortometraggi e documentari.
Qui racconta l’incontro tra Paolo e Mia ( Luca Marinelli e Isabella Ragonese ), entrambi trentenni e precari, alle prese con le proprie paure ed incertezze - sebbene in maniera diametralmente opposta - in una fase estremamente delicata della vita: quella in cui, divenuti pienamente adulti, non si è più i figli che vivono all’ombra dei genitori, ma non si è ancora avuto il coraggio di fare i conti con il divenire genitori a propria volta. Quello del ruolo genitoriale è spesso avvisato come un’assunzione di responsabilità il cui confronto spaventa e non tanto perché non ci si sente pronti, ma perché non ci si sente all’altezza quando non si sono ancora pienamente assolte molte delle responsabilità verso sé stessi, una su tutte quella occupazionale e quindi l’essersi creati la possibilità di un futuro, magari addirittura con una parvenza di stabilità.
Paolo, omosessuale introverso e sensibile che si trova a dover fare i conti con sé stesso dopo la dolorosa rottura con il compagno, con il quale non è riuscito a trovare il coraggio di sognare un futuro diverso, insieme.
Mia, aspirante cantante e futura madre senza fissa dimora ne compagno, cerca, in balia di grandi oscillazioni emotive e colpi di testa, non esattamente dettati dalla gravidanza, di capire come affrontare il delicato compito che l’attende.
S’incontreranno per caso una notte in un locale gay di Torino: Mia avrà un mancamento e Paolo le presterà soccorso, ancora ignaro del fatto che a questo primo gesto d’aiuto ne seguiranno molti altri, coinvolgendolo in un road movie che lo condurrà sino alla punta della penisola italiana passando per Roma e Napoli, prima alla ricerca di una casa, poi di un padre ed infine di una famiglia, ma non solo per Mia e la sua futura bambina.
Quello di Fabio Mollo è un road movie estremamente intimo e personale, dove il viaggio è soprattutto un’occasione per riscoprire sé stessi, più che coprire una distanza da una punto ad un altro. L’opportunità insperata e inattesa di lasciarsi magari alle spalle inutili costrizioni ed erronee valutazioni che ci hanno ingabbiato, per aprirsi nuovamente alla speranza.
Entrare in comunione con la storia che ci viene raccontata non avviene in maniera immediata; questo anche perché l’empatia con i personaggi non scatta sin dalle prime battute. Complici di questa iniziale distanza sono l’introversione di Paolo e la spigolosa bipolarità di Mia; ma se ci prendiamo il giusto tempo per conoscerli, accettando l’invito che il regista ci fa di compiere questo viaggio con loro, scopriremo quanto entrambi i protagonisti, che il film stesso, hanno da regalarci!
Una nota di merito va senz’altro ai due intensi interpreti scelti da Fabio Mollo: Isabella Ragonese e Luca Marinelli, due giovani attori che hanno saputo sin qui dimostrare una grande maturità artistica e la voglia di distinguersi sempre, con scelte coraggiose e fuori dal coro, prediligendo un cinema che ci piacerebbe vedere sempre più nella sale cinematografiche italiane.
Ottima la sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Mollo con Josella Porto, che qui si ritrovano dopo la precedente collaborazione per “Il sud è niente”. Capaci di mettere al centro di una “piccola” storia due protagonisti ineccepibili che si fanno portavoce inconsapevoli di istanze intime e personali quanto universali; “Il padre l’Italia” è un film delicato e brioso che riserva non pochi colpi di scena, ricordandoci quanta complessità può nascondersi dietro le comuni apparenze e quanto forviante possono mai essere fermarsi ad esse, se non altro perché rischieremmo di perderci quanto di più sorprendente ha in serbo per noi l’esistenza.
Vi è senz’altro un grande messaggio di speranza e di apertura verso il futuro e quindi anche all’ignoto che può riservarci la vita: se siamo in grado di accoglierlo senza paure e pregiudizi, mutando in noi quel tanto che occorre, allora forse non è necessario attendere che i grandi cambiamenti abbiano luogo intorno a noi, poiché troveremo comunque il coraggio e la forza di affrontare ciò che ci circonda senza bisogno alcuno di conferme esterne.

Ilaria Serina




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10/03/2017

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