La ragazza del lago

Un delitto misterioso e mille crimini dell’anima. Quelli celati fra il perbenismo e la quiete di un paesino di montagna, dove tutti si conoscono e nessuno sa riconoscere la sofferenza che cova fra le spesse mura di accoglienti villette. “La ragazza del lago” è un noir trasformato in dramma sociologico, che ben rappresenta gli effetti di una realtà spesso “alienata”, culla di nevrosi e di un male di vivere sempre più diffuso nella società moderna.
Come un trafiletto di cronaca nera, il caso che fa da sfondo alla storia diventa quasi un pretesto per descrivere una piccola comunità, e spostare l’attenzione sui drammi che soggiacciono alla società contemporanea di provincia, spesso custode di un disagio esistenziale riservato, pieno di pudore, impronunciabile, invisibile, totalmente interiorizzato. Il meccanismo del giallo viene così rovesciato, sulla scia dei romanzi gialli di Friedrich Durrenmatt come “La promessa” (da cui Sean Penn ha tratto un film magistrale), e sublimato in un’atmosfera sospesa, quasi metafisica, in cui si indaga sull’animo umano, più che sulle cause di un misterioso delitto.
Protagonista assoluto de “La ragazza del lago” diventa quindi l’intimismo, il suo silenzio introspettivo, in grado di emergere dai drammi personali e di soffocare dolori lacereanti, talmente grandi da risultare inaccettabili. La sceneggiatura di Sandro Petraglia (autore dello script di “La meglio gioventù” e “Romanzo criminale”) sposta la storia dai fiordi norvegesi (ambientazione del romanzo a cui si ispira il film) alle aspre e asettiche montagne del Friuli, dove la regia di Andrea Molaioli (allievo di Moretti e Mazzacurati) trova la location ideale per esprimersi in tutta la sua fredda compostezza, creando una corrispondenza raggelante con i paesaggi “mentali” dei suoi personaggi. Complice una Carnia incantevole e taciturna come i suoi protagonisti, che avvolge e nasconde nel suo paesaggio inerme e bellissimo, testimone (apparentemente) indifferente di terribili e innominabili segreti. Echi lontani delle colline “lynchane”, altrettanto silenziose, di “Twin Peaks”. A gridare sono le ferite latenti, i drammi interiori, magistralmente portati alla luce da interpreti assoluti, guidati dal protagonista Toni Servillo, e sublimati dagli sguardi di Anna Bonaiuto, Valeria Golino, Omero Antonutti che recitano e si esprimono “per sottrazione”, quasi per negazione, con una recitazione “minimalista” che rende ancora più agghiacciante la disperata normalità dei protagonisti.
Film rivelazione della Mostra del Cinema del 2007, 10 David di Donatello vinti (tra cui quelli per miglior film, regia, sceneggiatura, attore protagonista), “La ragazza del lago” diventa il simbolo di un cinema italiano, completamente estraneo al circuito nazionale convenzionale, in grado di sorprendere e di tracciare un precedente importante per la nostra produzione indipendente.


Ottavia Da Re

La ragazza del lago

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