Love & Secrets

L’ultimo Festival di Cannes, così come l’inaugurarsi, da qui a pochi giorni, della rispettiva rassegna milanese “Cannes e dintorni” – dedicata principalmente, ma non solo, alla kermesse francese ed in particolar modo alla Quinzaine des Réalisateurs - sono stati due ottimi pretesti, come spesso accade in questi casi, per parlare, confrontarsi e riflettere sul problema distributivo in Italia. Ai ritardi, spesso anche di anni, con cui alcune pellicole si affacciano sul nostro mercato, impedendoci così di scoprire opere e cineasti che, se non fosse per alcuni imprescindibili appuntamenti annuali, non avremmo modo di conoscere e talvolta apprezzare.
Così è stato per "Hunger", opera prima di Steve McQueen, che ha cavalcato l’onda del successo di "Shame" - presentato all’utlimo Festival del Cinema di Venezia - e della meritata Coppa Volpi al suo protagonista Michael Fassbender ( "Bastardi senza gloria" e "A Dangerous Method" ).
Caso analogo è quello che vede l’arrivo nelle nostre sale di "Love & Secrets" a due anni di distanza dalla distribuzione statunitense; sebbene in questo caso la motivazione ci appare meno ovvia, se non addirittura poco plausibile.
Andrew Jarecki, regista e produttore del film, ha firmato nel 2003 il documentario "Una Storia Americana", grazie al quale è stato premiato al Sundance ed ha ricevuto una nomination all’Oscar; oltre ad altri numerosi riconoscimenti che lo hanno da subito messo in luce come uno dei registi più promettenti ed interessanti degli ultimi anni.
"Love & Secrets" è il suo primo lungometraggio e pur prendendo spunto, anche in questo caso, da un famosissimo fatto di cronaca accaduto negli anni ’80 a New York; Jarecki ha da subito optato per la finzione filmica al fine di astrarre il più possibile l’identità dei protagonisti, pur mantenendo la veridicità dei fatti, in modo da poter indagare con maggiore libertà sulle dinamiche personali, emotive e sociali che spingono le persone a vivere e rimanere coinvolte in fatti chiaramente più grandi loro. Chi si cela realmente dietro ad un volto che i media finiscono per farci conoscere come un “mostro”? Cosa spinge un ragazzo che potenzialmente potrebbe avere tutto, a modificare radicalmente la propria vita, sacrificando la felicità per soddisfare ambizioni che non gli appartengono, schiacciando e negando invece l’amore di chi gli è più vicino?
Andrew Jareki, con Marc Smerling e Marcus Hinchey ( questi ultimi due non solo ideatori del soggetto con Jareki, ma sceneggiatori ) hanno lavorato per ben tre anni, documentandosi incessantemente, con il solo scopo di restituire al pubblico questa storia ed il mistero irrisolto che tutt’ora la circonda. Basandosi sulla trascrizione della deposizione di Robert Durst ( questo è il vero nome ) e mantenendo i punti salienti, ma cercando la chiave di volta che avrebbe emotivamente coinvolto lo spettatore al punto tale da porsi delle domande di carattere più umano, al di là delle mere ed ovvie conclusioni alle quali portano i fatti di cronaca. Per questo motivo hanno preferito al taglio forse più scontato e classico del docufilm, la libertà concessa loro dalla finzione cinematografica.
David Marks è il figlio primogenito di Sanford Marks, interpretato da un incisivo Frank Langella ( "Frost/Nixon" e "La Nona Porta" ) è uno dei più ricchi imprenditori e speculatori immobiliari presenti a New York negli anni ’80. Dopo aver passato un’infanzia traumatizzata dalla morte della madre ed aver vissuto all’ombra gelida di un padre despota, di cui per altro disattende qualunque aspettativa; incontra Katie, che è quanto di più lontano possa mai esistere dalla famiglia Marks e dall’ambiente in cui è solito vivere David. Forse proprio per questo motivo – per le profonde differenze e le relative opportunità che l’uno intravede nell’altra – David e Katie si innamorano quasi istantaneamente e decidono di cominciare una vita insieme al riparo però dalle inopportune incursioni ed insistenze paterne, concedendosi invece la possibilità di una vita di provincia più libera e spensierata, benché meno agiata. Purtroppo l’idillio bucolico ha breve durata e l’ingerenza di Sanford Marks non tarda a farsi sentire, riportando così David in seno agli affari di famiglia, creando al contempo una profonda spaccatura con il ragazzo che ha tentato di essere. David non solo negherà a sua moglie Katie ogni sostegno nel realizzare sé stessa fuori e dentro al matrimonio; ma diverrà un compagno pericoloso e violento, non disposto a lasciare che la ragazza si possa mai rifare una vita propria, sino al noto epilogo avvenuto il 31 gennaio del 1982 che ne vede la scomparsa insoluta.
Il film di Jarecki è costruito sui flashback, partendo dalla deposizione di David all’inizio degli anni 2000. Scopriremo così che attorno alla sua figura si annidano i sospetti di altri due omicidi insoluti ed un periodo di “latitanza” che lo vede vivere ai margini, solito travestirsi da donna con improbabili risultati di mimesi e intrecciare un rapporto d’amicizia con Malvern Bump, un uomo anziano, che vive anch’egli isolato, con gravi problemi economici e che intravede in David un’opportunità di riscatto di cui, per altro, lo stesso David intuirà le potenzialità ricattatorie.
Ryan Gosling ("Drive" e "Half Nelson" ) e Kirsten Dunst ( "Elizabethtown" e "Marie- Antoinette" ) interpretano rispettivamente David e Katie Marks, dando una buona prova e restituendoci dei personaggi ben definiti, umani, complessi poiché contradditori ed in qualche modo vittime di loro stessi e della situazione che hanno lasciato si venisse a creare. Jarecki dichiara di averli scelti: per la naturale imperscrutabilità di Gosling, che lo renderebbe perfetto nel garantire al personaggio di David Marks quell’ambiguità costante che cela un profondo dissidio interiore e lo rende al tempo stesso vulnerabile, quanto pericoloso; la Dunst invece ha da parte sua un’ingenuità, un’onestà ed una franchezza che contribuiscono ad aumentarne il fascino e ad innescare la perfetta chimica ed attrazione con il suo compagno di set.
Questo per la primissima parte del film, dove ancora si gettano le basi dell’intera vicenda narrata, intuendone i risvolti ed iniziamo a conoscerne i protagonisti, comprendendone le dinamiche interiori. A breve però il film di Jarecki diventa fastidiosamente ripetitivo e confuso nel suo svolgimento, privo di mordente; giocato su espedienti d’effetto, più che sulla solida costruzione di un plot narrativo. Allude spesso a delle situazioni che non intende poi sviluppare, creando per tanto dei “vicoli ciechi” al solo fine di distrarre l’attenzione dello spettatore senza motivo; o ammiccando a pellicole come "Le Verità Nascoste", "A letto col nemico", sino a dei capisaldi cinematografici come "Psyco" di Alfred Hitchcok, in modo francamente imbarazzante ed immotivato.
A dispetto degli intenti registici, l’empatia emotiva auspicata non scatta e si perde dunque molto presto l’interesse che può inizialmente aver suscitato in noi la famiglia Marks; il solo risultato che invece ottiene è noia e incomprensione per una distribuzione tardiva che chiaramente si avvale dei recenti successi dei suoi due protagonisti.
Piuttosto penoso anche il titolo che benché non venga tradotto è stato ad ogni modo cambiato e sembra voler alludere ad un promettente capo di biancheria intima, più che hai drammatici ed inspiegabili risvolti celati dietro ad un fatto di cronaca. "All Good Things" - questo il titolo originale – si riferisce al nome dell’esercizio di alimenti biologici aperto nel Vermont dalla giovane coppia di novelli sposi e che avrebbe dovuto rappresentarne il futuro non solo economico, ma divenire un vero e proprio progetto, un proposito di vita poi sfumato miseramente.
Invece di andare a vedere un film di due anni fa al cinema, godetevi a casa vostra un ottimo esempio di quello che avrebbe potuto essere il film di Jerecki, andando a recuperare "Il Mistero Von Bulow", con l’efficace regia di Barbet Schroeder ( "Formula per un delitto" e "Inserzione Pericolosa" ) e l’interpretazione da Oscar di Jeremy Irons.

15/06/2012


Ilaria Serina

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