Al vertice della tensione

All'attenzione di Alessia Forte - Ufficio Stampa B

 

Ritorno a Ground Zero

 

Non basta prendere un best-seller e farcirlo di un cast di “veterani della catastrofe” per fare un buon thriller politico: se Morgan Freeman aveva già dato in “Deep Impact” e “Virus letale”, che dire di James Cromwell (“Deep Impact” e “A prova di errore”), Philip Baker Hall (“Insider” e “Air Force One”), Ron Rifkin (“JFK”) e Bruce McGill (“Insider”, “Rischio d’impatto”)?

Un bel contorno para-militare organizzato attorno all’eterno ragazzone americano Ben Affleck, troppo impacciato per vestire i rigidi completi dell’agente Jack Ryan, lontano anni luce dal predecessore Harrison Ford in“Giochi di potere”, incapace di dare spessore al protagonista. Non si è ancora scrollato di dosso la vacanza awayana a Pearl Harbor il povero Ben, che non riesce a togliersi quell’aria da teenager assonnato che fa tanto figo e poco CIA. Se poi gli metti a fianco, per compagna, una modella acqua e sapone, cercando di renderla credibile come primario, beh, diciamo che il risultato è a dir poco deludente.

D’altra parte la sceneggiatura arranca, fra momenti di tensione verso la catastrofe e siparietti familiari stucchevoli (il pic-nic dietro la siepe della White House mentre il presidente fa il suo discorsetto alla nazione è imperdibile!). Il povero Morgan Freeman viene relegato in un ruolo da comprimario, come padrino-balia della matricola Ben Affleck, mentre, fra un paio di panoramiche degne di un gioco di strategia e qualche effetto speciale, molte trasvolate e un paio di “azioni” stra-riciclate.

Si vede che c’è la benedizione dalla CIA. Ne esce un quadretto edificante che tanto fa bene all’immagine in declino dei servizi segreti, dopo i recenti e clamorosi fallimenti. Forse fa parte dei grandi segreti della CIA anche l’impresa del nostro, che nel bel mezzo di una nube radioattiva riesce ad attraversare indenne Ground Zero in camicetta, chiacchierare al cellulare (prende che è una bomba…) e inviare sms dal palmare…

Insomma, un film alquanto convenzionale quanto il banale titolo italiano, legato ai meccanismi fin troppo prevedibili e collaudati del genere. Battute scontate, situazioni narrative mutuate da altri film (“Indipendence Day”, “Attacco al potere”, “Air Force One” e, naturalmente “Giochi di potere”) e due protagonisti poco convincenti, circondati da un cast di prim’ordine, ma totalmente sprecato fra stereotipi e macchiette (su tutti “furoreggia” la figura del presidente russo interpretato da Ciaràn Hinds). Il suo unico pregio va forse ricercato nella capacità di echeggiare fatti ormai tristemente noti, nell’inquietante previsione delle vicende che hanno preceduto e seguito l’ 11 settembre 2001.

 


Ottavia Da Re

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