City of Ghosts

Giudicare un'opera prima, credo sia qualcosa di piuttosto spinoso… specialmente se si tratta di un debutto tanto atteso come quello di Matt Dillon alla regia, dal titolo City of Ghosts ambientato nell'affascinante quanto sudaticcia Cambogia.
Il film, non particolarmente originale peraltro, è un "thriller d'atmosfera", come ama chiamarlo Dillon, che racconta di uomini disperati in terre straniere, di espatriati dal passato tutt'altro che cristallino che, a volte, cercano una redenzione, il conseguimento di una nuova maturità, proprio come il protagonista, Jimmy. La storia, densa di traffici, loschi raggiri, pericolose giungle e squallide discoteche-bordelli, è ben delineata nella parte iniziale ma tende poi ad aggrovigliarsi su se stessa con l'avanzare dei minuti, mischiando elementi positivi ad altri piuttosto discutibili, finendo per sembrare un po' troppo confusa e poco incisiva. A peggiorare la situazione si aggiunge il fatto che, se nel primo tempo la vicenda gode di un ritmo piuttosto sostenuto, intrigante, che avvolge lo spettatore, facendogli in parte scordare le sensazioni di déjà vu, il secondo, invece, si perde in lungaggini poco piacevoli che rallentano molto il film e che, unite alla sensazione di afa ed umidità che trasuda la pellicola, scade un po' nel soporifero.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso Dillon in collaborazione con Barry Gifford, facendo leva sulla grande passione dell'attore-regista per le regioni meridionali dell'estremo oriente, in particolare Thailandia e Cambogia, regala per buona parte della pellicola un'atmosfera molto realistica, molto sudata, vissuta, per nulla patinata o filtrata dalla cultura occidentale. Questo, credo che sia fra i meriti più consistenti del neoregista, e cioè quello d'aver cercato di restituire, in modo onesto e sincero, il fascino delle atmosfere misticheggianti insieme allo squallore e al degrado di un paese poverissimo in cui chiunque si vende o viene venduto al miglior offerente, di solito uno straniero, spesso occidentale.
Ma nonostante i bellissimi paesaggi e l'uso di molti attori e comparse locali, traspaiono qua e là i soliti cliché yankee del sudest asiatico come terra di corruzione, prostituzione e violenza che, purtroppo appesantiscono la vicenda e la privano di spontaneità in alcune sequenze.
Di tutto rispetto sono le interpretazioni degli attori principali, fra i quali spiccano il fantastico Gerard Depardieu, sempre a suo agio in qualsiasi ruolo, e il subdolo Stellan Skarsgård, al fianco di un solido e convincente Matt Dillon. Piuttosto stonata è la prova di Natascha McElhone, costretta entro un personaggio delirante che pare maggiormente interessata ai rave parties dei suoi strampalatissimi amici sempre sotto acido, o alle meraviglie dell'archeologia locale. La sua stessa storia d'amore con Jimmy è abbastanza mal delineata, poco probabile e anche responsabile di un finale scontato e ben poco risolutivo.
Insomma, un progetto piuttosto ambizioso, specie per un'esordiente, che affascina da un lato ma delude un pochino dall'altro, anche se, a mio parere, lascia intravedere larghissimi margini di miglioramento per Matt Dillon, che ormai toltosi di dosso l'ansia dell'esordio, potrebbe davvero dar vita, in futuro, a qualcosa di buono, di molto buono.


Marta Ravasio

City of Ghosts

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