Polar Express

Ci voleva il digitale per rivoluzionare il metodo dell'animazione tradizionale, prendendo una favola natalizia e intimistica per conferirle gli emozionanti colori della spettacolarità. Tom Hanks, nella duplice veste di interprete e produttore, ritrova il suo regista del cuore Robert Zemeckis (con cui aveva già lavorato, da Forrest Gump a Cast Away) per dar vita a un film che è sia magica fiaba sia strabiliante appagamento visivo.
Il Polar Express è un treno che, la notte del 24 dicembre, corre filato verso il Polo Nord dove ha luogo la storica consegna del primo regalo e la partenza della celeberrima slitta. Fra i passeggeri si ritroverà anche un ragazzino in piena crisi nella sua fede in Babbo Natale: l'esperienza cambierà per sempre il suo modo di vivere la festa più bella dell'anno.
Ispirato al libro di Van Allsburg, Polar Express scardina i confini delle tradizionali potenzialità della scena filmica esplorando in profondità le possibilità creative di nuovi processi di produzione. Il metodo della Performace Capture ha permesso a Zemeckis di eliminare dalla pellicola tutti gli elementi pratici, funzionali alla ripresa, per costruire scenografie e costumi lavorando sul materiale girato, rivedendolo e ritoccandolo. Si tratta di un procedimento lievemente distante dal fotorealismo, obiettivo primo della grafica computerizzata che mira a simulare qualsiasi oggetto in modo tale che l'immagine computerizzata risulti identica alla sua fotografia. Ad essere falsificata, o meglio alterata, è qui solo l'immagine già impressa sulla pellicola.
La figura sintetica non conosce i limiti della visione umana, nè di quella fotografica: la sua risoluzione consente illimitati dettagli perfettamente a fuoco, esattamente rispondenti a un'economia geometrica. Così anche in Polar Express la visione è diversa da quella classica, più perfetta, colma di rappresentazioni realistiche e di corpi futuristici nella loro nitida pulizia.
Ma il film non ha a cuore il realismo. E' il racconto di un viaggio metafora, non tanto verso l'età adulta quanto verso una consapevolezza meno infantile e più di cuore. E suggerisce di credere, unico modo per vivere davvero la magia del Natale.
Robert Zemeckis non si è certo risparmiato nella fantastica ricostruzione di questa Christmas tale. "L'unico limite è l'immaginazione", ha affermato. "E poi non ci sono scuse se una scena non è perfetta".
Affascinante e carico d'atmosfera, Polar Express è un gioiello di tecnica già dalle prime inquadrature. Pregevole fin dall'incipit nella camera da letto del giovane protagonista che aspetta senza fiatare l'arrivo della slitta di Santa Claus annunciato dalle campanelle. Un'occasione per sofisticati giochi di visione che Zemeckis non spreca. L'aspettativa e il dubbio si esprimono a livelli molteplici: inquadrature mostrate attraverso il loro riflesso (l'atto di spiare attraverso la porta socchiusa si specchia in un disco d'alluminio appoggiato a terra) e finte soggettive si accompagnano a invisibili effetti speciali. Nell'inquadrare il ragazzino mentre legge e si documenta sul Polo Nord, la macchina da presa scende e scavalca il campo visivo per riprendere il protagonista in contre-plongée da sotto le pagine del libro e attraverso esse, con il soggetto semi-nascosto fra le lettere stampate. La stessa tecnica compare anche più avanti, quando la mdp si lancia in un'operazione simile per un'inquadratura da sotto una lastra ghiacciata. Un'espediente già caro al regista, che l'aveva utilizzato nel suo Le verità nascoste (2000) in occasione di una ripresa dal basso sul viso di Michelle Pfeiffer, sdraiata a terra, con la mdp che sembrava entrare nel pavimento.
L'intero percorso del Polar Express è raccontato senza cadute di tono con scelte sempre ben piazzate (come il piano sequenza che segue il volo di un biglietto sfuggito fuori dal vagone, nel percorso che lo porta in mezzo a un branco di lupi in corsa, nel nido di un'aquila, e poi di nuovo sul treno, sospinto dal vento) e colossale gusto per il bello. Non c'è inquadratura che non possieda un afflato quasi mitico, anche solo nel riprendere la natura d'inverno.
E poi, ovviamente, via libera al fantasy, con una città del Polo Nord interamente costruita in mattoni rossi a vista, dotata di una catena di montaggio per la produzione, l'incartamento e lo smistamento dei doni così complessa e perfetta da fare invidia anche all'immaginazione. L'iconografia natalizia esplode nella piazza principale da dove la slitta di Babbo Natale prende il volo ogni anno, illuminata a giorno da un albero di Natale formato grattacielo. La colonna sonora di Alan Silvestri, troppo classica ma assai apprezzabile, s'intreccia a una compilation festaiola che va da Bianco Natale (White Christmas) a Deck the Halls with Boughs of Holly. E per l'occasione la celebre O albero diventa una trascinante marcia che accompagna l'ordinatissimo accorrere dei folletti all'evento della consegna del primo regalo, che dopo la partenza si trasforma in scatenato dance party.
Eleganti anche le citazioni, fra cui l'immancabile omaggio a Dickens e al suo Canto di Natale. Tutto con una semplice ma confortante morale. Il Natale sa renderci migliori.


Alessandro Bizzotto

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