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Presentato al pubblico come la risposta europea o, meglio, francese al famoso Heat di Michael Mann , 36 (36 Quai des Orfèvres), pellicola diretta dall’ex poliziotto Olivier Marchal, mantiene un personale clichè più facilmente intuibile nel soggetto e nell’uso dell’editing.
Come già sottolineato, di Heat sembra un “identikit” ma, nonostante la somiglianza con il modus operandi di Michael Mann (escludendo l’uso della musica dove il regista americano è irraggiungibile), qui abbiamo un’interessante storia di scontro/confronto tra due poliziotti (Daniel Auteuil e Gérard Depardieu), solo apparentemente appartenenti alle due facce della stessa, proverbiale, "moneta".
Per i più esperti, dalla prime battute sembra di trovarsi di fronte a Luc Besson che incontra Mann, ma questa sensazione, altro non è che la sublimazione della buona tecnica e delle influenze visive di questo promettente regista francese. In particolare, Marchal, girando in Panavision, coadivuato alla fotografia da Denis Rouden (non è Dante Spinotti ma gli va molto vicino), omaggia Michael Mann in più parti (richiamando soprattutto Heat ma ammiccando anche a The Insider), a partire dalle inquadrature dell’assalto all’autoblindo. Ma ai più attenti non saranno di certo sfuggiti i numerosi dettagli “manniani” richiamati dal film, come l’impatto cinematograficamente realistico dei proiettili sulle lamiere, le esplosioni dei lunotti delle auto o l’uso di mezzi "Dodge". Lo stesso orologio al polso di Leo Vrinks (Daniel Auteuil) ricorda quello di Vincent Hanna (Al Pacino) in Heat, e le citazioni continuano con la casa “post moderna” dove il poliziotto vive con Camille (una brava Valeria Golino) confermandosi con i paesaggi urbani notturni e di “Highway” di Parigi visti dalle finestre di un appartamento.
In questo mare di (comunque “rispettosi”) omaggi, che Olivier Marchal fa suoi attraverso una concreta e intelligente interpretazione, un film comunque solido e personale, da vedere e “riconoscere”.


Fabio Pirovano

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