Intervista a Francesca Badalini

Ho incontrato Francesca Badalini, una giovane pianista milanese che da qualche anno si è specializzata nel musicare dal vivo film muti. E che ci racconta di questa sua passione...

...Parlaci un po’ di te e dei tuoi studi...
Ho frequentato il liceo classico, mi sono diplomata in pianoforte e attualmente continuo a studiare composizione. Da sette anni suono la chitarra elettrica principalmente in un gruppo rock, i Soultakers, ma la sto sperimentando anche nella musica da film. Nel corso dei miei studi un passo molto importante è stata la partecipazione ad uno stage sulla musica nel cinema e nel teatro: per me comporre significa rispondere ad uno stimolo, che può essere, appunto,un film, uno spettacolo teatrale, una poesia...


Come hai iniziato a musicare film muti?
Per caso! Una mattina un mio compagno di università mi ha chiesto di sostituirlo... e così la sera stessa mi sono ritrovata a improvvisare musica per un cortometraggio! Mi sono accorta che questa attività rispondeva alle mie esigenze: in un film muto c’è più spazio per la musica che in uno “parlato”, c’è una maggiore possibilità di costruire un dialogo tra l’immagine e il suono. Per me è l’ideale!

Preferisci improvvisare o comporre?
A volte improvviso, a volte improvviso e compongo, altre volte compongo: scelgo tra queste tre opzioni in base al film e alle circostanze pratiche: se suono in gruppo, per esempio, preferisco comporre; se non ho la possibilità di vedere il film prima, ovviamente devo improvvisare...
Potendo scegliere, trovo che a volte improvvisare permetta una maggiore aderenza all’immagine: una struttura musicale rigida non ti dà la possibilità di dare voce alle emozioni e alle idee che nascono d’impulso alla visione del film. In più, lanciarsi a improvvisare è una bellissima esperienza: in alcuni momenti riesci a “entrare” nel personaggio, ti lasci guidare solo dalle immagini!
Avere però una composizione già scritta dà più sicurezza e più elementi su cui lavorare, soprattutto quando si suona in gruppo.
Preferisco quindi comporre ma lasciare margini all’improvvisazione.

Qual è stato il primo film che hai musicato?
Giovanna d’Arco, di Dreyer; un film bellissimo, incentrato non sulla battaglia, ma sul processo. È quasi interamente basato su primi piani di visi, quindi, soprattutto per me che ero alle prime armi, era molto difficile da musicare, perché fondato non sulla dinamicità, ma sull’espressività di volti. Per fortuna ho avuto la possibilità di vederlo prima nell’archivio della Cineteca, e ho ricavato delle sensazioni, dei temi... che però sono serviti fino a un certo punto, perché il film durava un’ora! Avevo talmente paura che ho passato le due settimane precedenti con il mal di stomaco... Adesso è diverso, ho più esperienza e so meglio come comportarmi.

Che tipo di competenze deve avere chi musica film muti?
Personalmente ho una formazione classica, ma ho sempre avuto una certa esigenza di confrontarmi con un genere meno “inquadrato”. Così ho frequentato uno stage di musica e teatro, dove mi sono trovata con gente che non sapeva nemmeno suonare, mentre io ero già diplomata... eppure, quando si è trattato di improvvisare, anche loro riuscivano a ricreare sensazioni in musica! In quella circostanza mi sono sentita quasi in crisi, ma poi ho capito che, oltre alla tecnica, è molto importante anche saper usare mezzi semplici: ripetere le stesse note più volte di seguito, pizzicare le corde del pianoforte...

Ai tempi del muto i musicisti usavano a volte dei pezzi “topici”: ad esempio, la marcia funebre di Chopin era un classico nelle scene di funerali...
Non uso mai un pezzo già esistente: se è famoso, il pubblico lo associa a qualcos’altro di già visto che non c’entra con il film in questione. Un caso unico che mi è capitato è stato quando ho usato una citazione della Danza delle sciabole: nella scena del cartone animato che stavo musicando una sciabola vera stava rincorrendo un personaggio... In genere però sono convinta che non si debbano distinguere due binari separati, musica e film. Se usi un tema già noto o per sottolineare una situazione o per contrastarla finisci per creare una separazione tra suono e immagine.

Quando accompagni film a volte suoni da sola e altre volte in gruppo: c’è qualche differenza?
Di solito suono da sola il pianoforte, ma mi piace sperimentare gruppi diversi: in varie formazioni, ho lavorato con violino, violoncello, flauto, percussioni, pianoforte a quattro mani (spesso con mia sorella Federica).
Quando sono da sola posso fare quello che voglio, mentre quando sono in gruppo di solito compongo una musica di base.

Cosa ti ha insegnato l’esperienza?
Oltre a gestire situazioni difficili o inaspettate, ho imparato che per il pubblico è importante avere dei punti di riferimento nella musica: infatti le colonne sonore in genere sono composte da pochissimi temi ripetuti e variati molte volte. Improvvisando è difficile ricordarsi esattamente il tema che hai inventato qualche minuto prima... ma anche questo si impara con l’esperienza.
Oltre a dare dei punti di riferimento è importante riuscire a creare atmosfere. Cerco, invece, di usare con molta cautela e solo un situazioni particolari la musica come contrasto, cosa che può creare quella frattura tra suono e immagine di cui parlavamo prima. Può essere però una carta molto efficace nei film comici, dove il contrasto diventa in sè elemento di comicità.

C’è qualche aspetto che vorresti migliorare?
Vorrei imparare a usare meglio i silenzi: è molto difficile, ma anche molto efficace perché permette, ad esempio, di sottolineare particolari situazioni espressive.

E il pubblico?
È interessato, anzi forse più incuriosito... magari non si aspetta di sentire musica dal vivo. Alcuni vengono da me per farmi domande; una volta una signora ha regalato a me e a mia sorella una poesia!

C’è qualche film che ti è rimasto particolarmente impresso?
Ce ne sono tanti... tra i “non narrativi” mi è piaciuto molto Entr’acte, di René Clair; ho eseguito con il pianoforte a quattro mani la musica scritta da Erik Satie appositamente per questo film.
Molto bello anche Un chien andalou, di Buñuel, con scenografie di Salvador Dalì. Pensa che lo stesso regista chiese che il musicista suonasse, come colonna sonora, dei tanghi di Piazzolla alternati a temi del Tristano e Isotta di Wagner...
Poi Metropolis (Lang), Nosferatu (Murnau), Giovanna d’Arco (Dreyer)...
Come attore mi piace molto Buster Keaton, trovo che la sua comicità sia “attuale” e geniale... se guardi un suo film, davvero ridi dall’inizio alla fine!

Ogni tanto ti trovi in situazioni di... “panico”?
A volte si rompe la pellicola del film, oppure la montano al contrario e il film viene inizialmente proiettato alla rovescia; una volta mentre suonavo mi è caduta una lampada addosso...
A volte non vedi il film prima della proiezione pubblica, e succede che nella trama accadano situazioni che non ti aspetti... allora ti devi adeguare “musicalmente” in fretta!
Oppure ci sono didascalie in lingua originale che non capisco: mi sono capitate in russo, svedese e giapponese! A volte invece le didascalie non vengono nemmeno proiettate nel mio monitor...
Succede anche che in una storia altamente drammatica il pubblico rida, come quando ho musicato La carne e il diavolo (Brown). Questo accade, secondo me, non perché questi film siano fatti male, ma semplicemente perché sono superati, non rispondono più alla nostra sensibilità. Ecco perché adoro Buster Keaton: la sua comicità resta sempre attuale!

Dove lavori?
Sono fissa alla Cineteca Italiana, che ha sede allo Spazio Oberdan di Milano e il cui direttore è Gianni Comencini. La Cineteca restaura i film e poi li proietta in uno spazio concesso dalla provincia. Succede che alcuni di questi film vengano proiettati anche altrove, e così oltre alla pellicola... mandano in giro anche me.
Ho fatto anche uno stage di musica da film questa estate ad Aosta, dove ho poi partecipato con i Soultakers, il mio gruppo, al concorso Strade del Cinema 2004. Ci siamo aggiudicati il terzo premio...
Lavorerò inoltre al Festival di Pordenone, il più importante nel settore: ci sarà un corso a cui parteciperanno quattro musicisti... io all’audizione sono arrivata prima, e questo ovviamente mi ha fatto molto piacere!! Al corso insegneranno i più famosi pianisti dei film muti, e alla fine toccherà a noi allievi musicare un cortometraggio.

Hai musicato tutti i film muti proiettati al Festival di Locarno 2004; com’è stata questa esperienza?
Non me lo aspettavo, perché il Festival riguarda principalmente film sonori, ma alle proiezioni dei muti c’era un pubblico numeroso e molto interessato. Dimostrava di apprezzare i film e la mia musica, ed era anche molto attivo.

Lydia Colona


Gli indirizzi di Francesca:
francesca@soultakers.net
www.soultakers.net


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