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Eravamo quasi in cielo: Boccioni rivive a Gorizia

Si è svolta pochi giorni fa a Palazzo Attems - Petzenstein a Gorizia la conferenza stampa di presentazione della fiction Rai “Eravamo quasi in cielo” diretta da Luigi Calderone prodotta dalla Goodtime di Massimo Martino con protagonisti Andrea De Stefano e Cristiane Filangeri le cui riprese sono iniziate nel capoluogo giuliano lo scorso 3 ottobre. Fra gli affascinanti abiti del 'Museo della moda' del Palazzo si cela una piccola, straordinaria soffitta che per alcuni giorni è diventata lo scenario ideale per le suggestioni artistiche dei protagonisti e dove la troupe ha ricreato lo studio di Umberto Boccioni pittore squattrinato che seguendo le teorizzazioni di Filippo Tommaso Marinetti (interpretato da Emilio Bonacci) e i “manifesti” realizzati a partire dal 1909, assieme a pittori come Balla, Carrà, Severini (tra gli interpreti ricordiamo Rinaldo Rocco, Flavio Bonacci, Enrico Bertorelli, Valentina Sperlì), diventò il più grande artista futurista rimanendo a tal punto affascinato dalle suggestioni “interventiste” dello scrittore da seguirlo in trincea, fino alla morte.
Ed è tra tele fedelmente ricostruite (attraverso stampe intelate) sugli originali, pennelli, e l’acre odore di olio invecchiato che il regista Luigi Calderone assieme ai protagonisti Andrea De Stefano (Boccioni) e Chiristiane Filangeri, (Lorenza, la sua musa), racconta il suo film supportato dagli interventi dell’assessore provinciale dott.ssa Roberta Demartin, dell’assessore comunale dott. Claudio Cressati e del presidente della FVG Film Commission Federico Poillucci, orgogliosi di sottolineare la quantità di iniziative cinematografiche presenti a Gorizia e in Friuli in questi mesi (oltre a questo film, sono in arrivo l’ultima pellicola di Tornatore e il film "Riparo" di Marco Puccioni con Sandra Ceccarelli e Barbara Bobulova, mentre in questi giorni Violante Placido è protagonista a Trieste de Il giorno + bello di Massimo Cappelli) che dimostrano la forza organizzativa di una realtà attenta alle proprie risorse e in grado di valorizzarle al meglio, attraverso una valida politica di promozione che passa attraverso agevolazioni e una grande competenza, mettendo a disposizione potenzialità, risorse umane, per un’iniziativa che si fa “imprenditoriale oltre che culturale”.

Uno sforzo quello della Film Commission friulana che, unita alle altre iniziative cinematografiche realizzate di recente (come il premio Sergio Amidei, la realizzazione del Palazzo del Cinema di Gorizia) e all’attività del DAMS (che ha permesso ad una decina di ragazzi di svolgere stage durante la lavorazione del film), ha portato il Friuli ad essere una delle prime regioni per attività cinematografiche e televisive in Italia, in pole position assieme al Lazio e al Piemonte.
Quella stessa efficienza che ha fatto innamorare il regista siciliano Luigi Calderone (Il giovane Mussolini) che, di fronte alla stampa curiosa di sapere le ragioni che hanno portato questa produzione Rai fin qui, a pochi passi dal confine slavo, in una pace quasi irreale, dichiara tutta la sua ammirazione e “lo stupore assoluto” per Gorizia. Una città in grado di sorprenderlo ogni giorno con la sua dignità, il suo rigore, la capacità di essere così vivibile diventando proprio per questo il luogo ideale per la lavorazione di un film.
Andrea De Stefano appare invece stralunato, completamente assorbito e tramortito allo stesso tempo dal suo personaggio con cui ha compiuto, come sottolinea lo stesso regista, un’immedesimazione totale. Lo si vede dalle dita ancora sporche d’olio e dal modo di arruffarsi i capelli mentre parla e pensa al prossimo quadro da dipingere, alla prossima scena da girare nei panni di Boccioni…
“E’ veramente difficile per me parlare di questo personaggio. Un artista che è stato definito il più grande del ‘900, la sua contemporaneità. Ha qualcosa di divino, come sappiamo l’arte avvicina a Dio. Ma l’aspetto affascinante di questo giovane artista è che fin ad subito avvia una ricerca che lo porta a sperimentare nuove forme, una ricerca simile a quella di Checov con “Il gabbiano”, da un punto di vista drammaturgico e questo mi sta coinvolgendo molto.”

Christiane Filangeri, in scena come Lorenza, “musa” del pittore Boccioni, rimane affascinata invece dal contesto quasi “bohemienne” nel quale si stanno svolgendo le riprese del film, e da un paesaggio caldo e rassicurante che l’ha già accolta a braccia aperte durante le riprese di Amanti e segreti (a Trieste) in cui era protagonista.
Anche per lei, donna amata dall’artista, le riprese prendono spunto da questa continua quete, artistica che sembra andare di pari passo con lo sviluppo delle scene: “...strada facendo abbiamo cambiato, inventato nuove scene. Partiamo sempre da copione ma lavoriamo creativamente. E spero che questo lavoro si veda, che arrivi al pubblico”.
“In questo senso ci stanno aiutando molto le scenografie – interviene Andrea De Stefano – la soffitta in cui stiamo girando, ad esempio, è meravigliosa. Ma anche il lavoro sui costumi di Luigi Bonanno (Maria José, l'ultima regina ndr) è incredibile. E’ un 'lavoro di verità'. Pur avendo lavorato anche con registi maniacali non mi era mai capitato di vedere una tale attenzione per i dettagli. Non sono certo i costumi finti di Elisa di Rivombrosa, questi…”
Nel 'Museo della moda e delle arti applicate', non poteva essere diversamente, come sottolineano orgogliosi i responsabili della struttura, che pur dovendo chiudere una recente Mostra, in pieno trasloco e smantellamento hanno accettato di ospitare il set di “Eravamo quasi un cielo”. “E questo è straordinario - sottolinea il regista Luigi Calderone - chi mai avrebbe accettato una situazione come questa? Mica è facile avere come inquilini del piano di sopra un’intera troupe cinematografica. Ed è una circostanza straordinaria che in un 'museo' venga realizzata una fiction su un grande 'artista'. E’ nato come un fatto casuale ma è diventato la sia collocazione ideale".
Perché le riprese della durata di circa 5 settimane alla fine saranno realizzate tutte in loco, fra Gorizia, Palmanova e Trieste nella casa di Marinetti.
“La storia infatti è ambientata a Milano ma lì è quasi impossibile girare - prosegue il regista - La cultura 'austroungarica' di Gorizia ci ha fatto ritrovare degli scorci di Milano dei primi del novecento, che nella stessa Milano non si trovano più, e visto che dovevamo raggiungere il Friuli per girare altre scene, abbiamo deciso di trasferirci tutti qui”.
E a chi gli chiede qual è stato l’imput che li ha spinti a girare interamente il film in Friuli, il regista, ricorda: “La strada direttrice è stata il Carso. Dovevano comunque arrivare qui per girare le scene finali in trincea che occuperanno l’ultima mezz’ora del film durante la quale il protagonista, troverà la morte. E qui abbiamo deciso di fermarci …”

A pochi metri, tra assi di legno e intelaiature si sta allestendo il “salone dei rifiutati”, ricostruito sul modello del Salon des refusée parigino, che raccoglie le ispirazioni di Boccioni, e dei suoi squattrinati amici Carrà, Balla, Severini, poveri artisti sporchi d’olio e d’arte ancora in cerca di una strada ma già nel vortice di un movimento, nel “dinamismo” di una realtà che li travolgerà fra pittura, passione e morte.


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(13/10/2005)


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