"A Universe X-pands"

Tratto da American Cinematographer n. 04 di Aprile 2003, vol. 84 e liberamente tradotto da Marta Ravasio

Adattare il mondo di un fumetto a un lungometraggio d'azione è sempre difficile: bisogna creare un prodotto che soddisfi, allo stesso tempo, sia i fans "superesperti" della saga sia il resto del pubblico in sala! Dopo X-MEN, grande successo dell'estate 2000, la 20th Century Fox ha iniziato ad assemblare gli ingredienti per il sequel, X2. Uno dei primi passi dello studio è stato quello di richiamare il regista Bryan Singer ed il direttore della fotografia Newton Thomas Sigel, ASC, che avevano collaborato così brillantemente in X-MEN.
Lo studio ed il pubblico pagante si aspettavano che la nuova avventura degli X-Men fosse uno spettacolo più grande e ricco, e Sigel conferma che questo era una delle più grandi sfide che abbia mai fronteggiato. "Volevamo che il secondo film avesse un'ambientazione ed una scala più ampie," dice" pur mantenendo una fondamentale continuità visiva col primo film. X-2 doveva in ogni caso apparire come un'espansione di X-Men".
Singer, che ha collaborato con Sigel nel "L'allievo" e nei" I soliti sospetti" oltre che in X-Men, dice che vede X2 come L'impero colpisce ancora per Guerre Stellari. "Abbiamo reso più profonda la storia e un po' più dark, ma anche un pochino più romantica", dice il regista. "Laddove il primo film stabiliva l'universo dei mutanti e ne introduceva i protagonisti, questa pellicola usa i personaggi per raccontare la storia. Una volta presentato l'insieme complesso del mondo in questione, la seconda parte è sicuramente più divertente per il pubblico e per gli operatori. Non eravamo bloccati nel dover introdurre i supereroi ed i loro poteri: potevamo procedere oltre."
Con entrambi i film sugli X-MEN Singer e Sigel si sono sforzati di restituire una sorta di credibilità ad un mondo fantastico, Per il regista era importante che il film avesse un look classico e naturalistico, oltre ad una spiritualità ed una energia che fosse molto moderna. "Non volevo che sembrassero solo dei fumetti" ammette.
Sebbene Sigel avesse filmato X-MEN nel formato anamorfico 2.40:1, per X2 ha scelto di girare in Super 35mm 2.35:1, anche perché, osserva,"il grosso divario fra i formati si sta assottigliando. Inoltre, i miglioramenti nelle pellicole e nell'ottica hanno aumentato i vantaggi dell'utilizzo delle lenti sferiche. Se ci pensate, ogni lente anamorfica é semplicemente una lente sferica con un anamorphiser sopra, così quasi per definizione, non saranno mai buone quanto le lenti sferiche che esse emulano!" nota Sigel.
Con X2, Sigel e Singer volevano andare in un'altra direzione, e una delle vie per dare al film una qualità più formale era girare in un formato che limitasse la scelta delle lenti e non fosse realmente troppo legato all'uso dello zoom.
Quando si gira con lenti anamorfiche, si tende ad usare un piccolo numero di primes e mantenere un'inquadratura più solida o precisa. Con le lenti sferiche è possibile ottenere un'inquadratura più fluida e sempre mutevole. Inoltre, sostiene Sigel, "la lente tende a dare un'abbondante profondità di campo. Ad un certo punto di X2, un personaggio, cercando di fuggire, deve afferrare una catena per legare un elicottero al suolo. Ho usato una lente Frazier per inquadrare la catena in un modo da accentuare la drammaticità del momento. Il personaggio va per afferrare la catena e la lente è giusto a pochi centimetri da lui;" spiega" Liberare l'elicottero corrisponde alla sua volontà di fuggire e vedere realmente gigante la catena, in primo piano, comunica la sua importanza in relazione al personaggio."
X2 contiene molti più movimenti di cinepresa rispetto al precedente. "Potevamo essere con la cinepresa all'altezza della spalla dell'attore, e non appena questi iniziava a muoversi, avremmo saputo cosa stava facendo. Ho usato questa tecnica abbastanza spesso. Mi piace quando puoi rispondere di ciò che sta facendo l'attore- la cinepresa può portare lo spettatore più in profondità, all'interno della performance. E' come se stessi parlando con quelle persone nella vita reale. La macchina da presa partecipa in modo prospettico, con quest'approccio, sempre di più col proseguire delle riprese."
Sigel la vede come un altro attore del film. Di conseguenza, credo che bisogni pensare al movimento della macchina allo stesso modo in cui si pensa o si prepara la performance di un attore. Bisogna trovare il punto in cui la partecipazione emotiva è forte e concentrarci l'attenzione, per non allontanare il pubblico dal film. Se si supera un certo limite, i movimenti di macchina ed i suoi effetti diventano più influenti rispetto al lavoro dei protagonisti in carne e ossa, e ciò non è un bene. "E' come quando un attore diventa davvero "grande" e inizia a fagocitare, con la sua presenza, tutto il ciò che gli sta attorno" commenta Sigel.


























Di grandissimo rilievo è stato l'apporto dato dallo scenografo Guy Dyas che, pur sapendo di dover mantenere alcuni aspetti del design di John Myhre per il primo film, è riuscito splendidamente ad imboccare una direzione tutta nuova. "I set blu del mondo di X-Men, che sono diventati familiari a moltissime persone, erano tutti opere di Myhre e il nostro compito è stato quello di ricrearli." Sostiene Dyas.
"La sfida era cercare di scoprire quali colori John aveva usato, perché tutti i campioni erano spariti e le persone coinvolte non riuscivano a ricordarseli con esattezza. Altri set, invece, sono stati creati da zero." La maggior parte di questi set è servita come quartier generale del Generale Stryker, che coordina i suoi nefasti piani da un'enorme base. Disegnare questo luogo ha richiesto una stretta collaborazione fra Dyas, Sigel e Tony, il tecnico delle luci. "Capimmo subito quanto importante fosse il ruolo svolto dalle luci in questo film e "prosegue Singer" dissi a Guy che volevo che ogni set avesse un proprio tipo di luci, una propria fonte che trasmettesse un particolare stato d'animo. "Nel primo X-Men, Tony fece un grandissimo lavoro con Myhre per dare ai sotterranei della Scuola per Mutanti muri e soffitti enormi così da poter installare impianti di luce che potessero percorrere l'intera lunghezza dello spazio sotterraneo. Si trattò di un progetto molto ambizioso, ed io", continua Singer", sentii che avremmo dovuto essere ancora più ambiziosi per X2, in particolare con il complesso segreto di Stryker. Penso che abbiamo allestito probabilmente il più grande teatro di posa del nord America per questo." Costruito all'interno dell'ex magazzino della Saers a Vancouver, la base di Stryker è stato un impegno enorme. "Ha all'incirca 90 km di cavi!" calcola Singer.


























"Tony disse sarebbe stato meglio costruire un set che potesse essere illuminato in ogni angolo, in ogni spazio, in qualunque momento così da potersi muovere rapidamente durante le riprese. La sua lungimiranza è stata splendida, poiché, anche se è costato un po' più del previsto, questo modo di procedere ha fatto risparmiare soldi alla fine, dal momento che abbiamo potuto girare una scena, correre giù nell'ingresso e girarne un'altra. Avevamo sempre accesso a tutte le zone del set senza dover aspettare delle ore per sistemare le luci o riprodurre l'illuminazione ottenuta in precedenza. In particolare, solo per il maxi set all'interno della diga sono stati usate 2000 lampadine e la Trinity Power di Vancouver ci ha consegnato 49 trasformatori costruiti in containers che potevano essere posti in vari punti del set. In tutto, la troupe ha avuto accesso a 1,2 milioni di watt!".
In particolare s'è fatto abbondante ricorso agli oscuratori graduali, non soltanto perché permettono un notevole risparmio di tempo, ma anche perché consentono effetti teatrali come avanzare su qualcuno e diminuire le luci di sottofondo allo stesso tempo. All'interno della Base di Stryker sono state sistemate due centraline di controllo computerizzate per gli oscuratori graduali. Queste, che solitamente sono usate in teatro o nei grandi concerti, permettono di coordinare centinaia o persino migliaia d'unità. "E' bellissimo vedere Tony Nakonechnyj che chiede precisi ed elaborati cambiamenti di luce e li ottiene praticamente all'istante, invece di aspettare ore ed ore." Osserva Dyas.
La pellicola di X2 è stata elaborata agli AlphaCineLabs di Vancouver e sebbene Sigel avrebbe preferito lavorare sui giornalieri in digitale ad alta definizione, la Fox non lo ho permesso. Sigel osserva che i giornalieri digitali avrebbero dato al regista un'idea più precisa di come sarebbero venute le immagini finali, se fosse stata approvata la loro richiesta di elaborazione digitale.
Il look del mondo dei Mutanti in X2 è abbastanza simile a quello originale, ma uno dei set che Dyas ha voluto cambiare è l'X-Jet. "Penso che nel primo film ci fossero poco tempo e pochi soldi per realizzarlo, "sostiene il nuovo scenografo," ma in quest'episodio ci sono circa otto pagine di sceneggiatura che si svolgono fisicamente su quel set, quindi è naturale che volessimo ampliarlo e migliorarlo." "C'è anche una scena in cui l'X-Jet è coinvolto in un combattimento ravvicinato con altri aerei" spiega Sigel," Ci sono esplosioni e sparatorie, e il jet deve andare dentro e fuori da una coltre di nubi, quindi abbiamo dovuto creare un sacco d'effetti di luci. Usando il sistema d'oscuratori graduali, abbiamo potuto risolvere la cosa con soluzioni semplici ma di grande effetto. Le luci erano in ogni luogo, era solo una questione di quale usare ed in che rapporto essa fosse con le altre. Potevamo partire col sole splendente e poi andare in mezzo alle nubi, con le luci del jet che lampeggiano, guizzano e si spengono: il tipo di situazione in cui la centralina degli oscuratori graduali davvero dà il massimo."


























Tutto questo è di grande importanza per Singer, da sempre convinto che le giuste luci diano credibilità anche alle scene con molti effetti speciali. In questo film, gli attori sono reali ed è cura dei tecnici assicurare che gli effetti siano il meno possibile semplicemente giustapposti gli uni agli altri, ma formino, invece, un tutt'uno organico. Anche se ovviamente molte cose sono state create in post produzione, il metodo d'illuminazione di Tony ha reso possibile creare direttamente nella macchina da presa, molto di ciò che si vede sullo schermo."Secondo me - conclude Bryan Singer - questo è parte del divertimento del fare film. Se non mi fossi sentito così, credo che ora sarei un animatore…".

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